Milano, 17 luglio 2024 – Il telefono di Ahmed Mahmoud squilla e vibra a ogni ora, aiuta operai che a volte parlano solo l’arabo a orientarsi tra buste paga, contratti e subappalti, a far valere i loro diritti nella giungla dell’edilizia. A 22 anni è stato assunto dal sindacato Filca Cisl di Milano per occuparsi di un settore che conosce bene, perché dall’arrivo a Milano all’età di 17 anni si è guadagnato da vivere sgobbando senza sosta nei cantieri, da manovale pagato a giornata fino al ruolo di caposquadra, arrivando a guadagnare fino a 2500 euro al mese, la metà regolari e il resto “fuori busta“.
L’avventura di Ahmed
È l’ultima tappa di un’avventura iniziata il 7 ottobre del 2019 a Fayyum, in Egitto. Non un luogo a caso sul mappamondo, perché da quella zona a sud del Cairo provengono quasi tutti gli egiziani che lavorano nell’edilizia a Milano. Una rappresentanza in continua crescita: su 1153 nuovi iscritti alla cassa edile di Milano a maggio, 459 sono egiziani. Solo 227 sono italiani.
Il 7 ottobre 2019 è partito il viaggio di Ahmed, all’epoca 17enne, con destinazione Milano lungo la rotta balcanica percorsa da migliaia di migranti. Un viaggio durato cinque mesi, durante il quale ha rischiato più volte la vita, pagato 16mila euro al trafficante egiziano che lo ha organizzato. "Mio padre, che lavora nell’edilizia in Arabia Saudita, ha fatto grossi sacrifici per farmi arrivare in Italia – racconta Ahmed – e poco a poco gli sto restituendo i soldi. Ho deciso di partire perché vedevo miei compaesani tornare dall’Europa con i soldi in tasca, compravano macchine, facevano la bella vita. Di Milano conoscevo il Duomo e il calcio, sapevo che in Italia è la città dove è più facile trovare lavoro. Dovevo fare in fretta, perché da minorenne avrei potuto ottenere il permesso di soggiorno".
Il percorso dagli Emirati Arabi alla Grecia
Così la famiglia ha preso accordi con il trafficante, dietro la promessa che in due settimane sarebbe arrivato in Italia. Il viaggio, invece, è durato cinque mesi, e ogni tappa ha fatto lievitare i costi. "Sono partito in aereo per gli Emirati Arabi – prosegue – poi da lì abbiamo preso un altro volo fino a Istanbul, dove siamo finiti in una casa con altre 50 persone". Un crocevia di migranti provenienti da Bangladesh, Pakistan, Siria, Nordafrica. Da Istanbul il gruppo è arrivato al confine con la Grecia, in auto e con una camminata di quattro giorni, e lì è iniziata la sfida.
Per quattro volte, in gommone, Ahmed ha cercato di attraversare il fiume Evros, è stato catturato e rispedito in un centro per migranti. "Dopo tanti tentativi ce l’abbiamo fatta – racconta – il trafficante ci ha messo in contatto con una guida in Grecia, un algerino, che avrebbe dovuto portarci a Salonicco. Siamo rimasti per 28 giorni nei boschi, muovendoci solo di notte. Chi non ce la faceva più veniva lasciato indietro, e rischiava di essere mangiato dai lupi, di morire di fame e di sete. Siamo partiti in venti, e alla fine siamo rimasti in due".
Il ritorno in Turchia e l’arrivo a Milano
Durante il percorso Ahmed è stato anche sequestrato da una banda di curdi, armati di pistole e coltelli, che hanno chiesto un riscatto. "Non abbiamo pagato e alla fine ci hanno lasciati andare – racconta – siamo arrivati in un paese, abbiamo cercato di prendere un bus per Salonicco ma la polizia greca ci ha arrestati".
Così Ahmed è tornato alla casella di partenza, in un centro di detenzione per migranti al confine con la Turchia, senza cibo, tra botte e soprusi. Da lì una nuova fuga. Ahmed è stato catturato, si è trovato con la pistola di un poliziotto puntata alla tempia. "Stava per sparare e il suo collega lo ha fermato in tempo – prosegue – ci hanno picchiati e infine rispediti in Turchia. Ero stremato ma non volevo tornare in Egitto, avevo promesso a mio padre che ce l’avrei fatta".
È rientrato in Grecia e, questa volta, è riuscito a raggiungere Salonicco, da lì la Macedonia del Nord, la Serbia, la Bosnia e la Croazia. Percorsi a piedi e nei bagagliai di auto, “mance“ a funzionari corrotti, soldi al trafficante sempre in contatto telefonico, altri fiumi varcati, notti nei boschi evitando i droni della polizia croata. Settimane di tentativi fino all’arrivo a Milano, a febbraio 2020. Ahmed è finito in una comunità per minori non accompagnati, dove ha trascorso la pandemia.
Lavorando nei cantieri, è entrato in contatto con la Filca Cisl di Milano, guidata dal segretario generale Alem Gracic: quando si è aperta un’opportunità è stato assunto come sindacalista, e sta frequentando le scuole serali. L’avventura, però, non è finita. Anche uno dei fratelli minori di Ahmed, ancora 17enne, sta tentando di arrivare in Italia, in questo caso attraversando il Mediterraneo. Dalle ultime informazioni è bloccato in Libia, e attende di sfidare il mare.