
L’incontro dell’arcivescovo Mario Delpini con i giornalisti
"L’augurio a Papa Leone XIV è quello di “vedere i campi che già biondeggiano per la mietitura”, come dice il Vangelo: la scena del mondo non è dominata dallo spavento e dall’angoscia, ma dall’avvicinarsi del Regno di Dio". Lo rivolge l’arcivescovo Mario Delpini, riprendendo il primo saluto da pontefice di Robert Francis Prevost e il suo invito alla "pace disarmata e disarmante". "Richiede un investimento di pensiero, di riflessione, di autocritica – sottolinea Delpini –: è un percorso promettente, anche se impegnativo. Confido che la Chiesa si unisca in questo cammino per seminare speranza di pace". L’arcivescovo ha aperto il Giubileo diocesano del mondo della comunicazione all’università Cattolica, incontrando i giornalisti, gli studenti delle scuole di giornalismo e i comunicatori parrocchiali. “Interrogato“ a margine sulle origini americane del nuovo pontefice, sottolinea che "non è solo un Papa statunitense, nel senso che un agostiniano è sempre al di sopra dei confini del Paese dov’è nato. E credo sia stato più a lungo in giro nel mondo che negli Stati Uniti". Delpini ricorda anche la presenza significativa degli agostiniani nella parrocchia di Santa Rita, visitata più volte dallo stesso Prevost, quand’era cardinale.
Durante il confronto tra Mario Calabresi e don Stefano Stimamiglio - nell’ambito del percorso di formazione “Uscire dalla bolla: comunicazione e Chiesa, oltre gli stereotipi” - l’arcivescovo ha sottolineato pure la "genialità nel comunicare" di Papa Francesco, con quel "dono di trovare espressioni particolarmente incisive: alcune sue espressioni, come “la Chiesa in uscita” e “la Chiesa è un ospedale da campo”, sono diventate parole che orientano, slogan che non sono solo una battuta ma sono indicazioni feconde". Delpini ha commentato anche la maratona mediatica e “social“ di questi giorni, dalla morte improvvisa di Bergoglio al Conclave: "Sono convinto sia stato eccessivo, ma posso interpretarlo come il convergere dell’umanità intera, che ha intuito che c’è un punto di riferimento di cui abbiamo bisogno".
L’invito ai giornalisti è a "trovare una parola che disseta, che accende come un fuoco, invece che polvere che copre lo splendore". Al termine dell’incontro, nella Basilica di Sant’Ambrogio, una delle chiese giubilari della Diocesi, ha consegnato la Lettera agli operatori della comunicazione: “Da grande vorrei fare il giornalista”, il titolo. Tra le pagine si immedesima in un giovane che sogna di intraprendere la carriera giornalistica e chiede consigli a un professore, a un direttore di testata, a un prete e allo stesso Papa Francesco.