
Alessandro Impagnatiello 33 anni assassino della compagna Giulia Tramontano e del figlio Thiago
Milano – “Non abbiamo litigato”. Lo sguardo perso. Il tono monocorde. L’italiano che incespica, soprattutto se si prova a ricondurlo alla madre di tutte le domande, cioè perché abbia aspettato una settimana prima di andare a denunciare la scomparsa della sua compagna e convivente, Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, e non prima che i carabinieri, innescati dalla datrice di lavoro dell’amatissima babysitter Jo, gli arrivassero a casa. E poi quei dettagli confusamente seminati nelle interviste alle televisioni: lei che "la settimana prima ha parlato di cose senza senso, se lei moriva prima o se io morivo prima e nessuno ci cercherà", il resoconto di vaghi problemi di salute ("Aveva come una palla nella parte del collo che mi diceva che le faceva male, le girava la testa"), i carabinieri che "sono entrati, hanno verificato ma non hanno trovato niente”.
Excusatio non petita, verrebbe da dire ora che il 48 enne Pablo Gonzalez Rivas è stato fermato per l’omicidio volontario aggravato e la soppressione e occultamento del cadavere di Jo, la sua compagna quarantenne originaria del Salvador, come lui, che s’è avvalso della facoltà di non rispondere. E in Italia c’è la presunzione d’innocenza, c’era anche prima della Cartabia e vale naturalmente per Pablo. Anche se il suo modo di manifestare il dolore richiama memorie sinistre, più o meno recenti.
Ad esempio in alcune incoerenze nei suoi resoconti: stanno insieme da 15 anni e convivono a Milano da sei, ma lui non ha uno straccio di numero di telefono di un’amica o della datrice di lavoro per cercare Jo dopo che è scomparsa nel cuore della notte, a suo dire con valigie di vestiti pesanti, documenti e cellulare, mentre dormiva davanti alla tv. E lui, dato che l’unico mazzo di chiavi è ancora lì, le lascia la porta aperta e torna a dormire.
Anche Alessandro Impagnatiello, il barman condannato in primo grado all’ergastolo per aver ucciso con 37 coltellate la compagna incinta di sette mesi Giulia Tramontano il 27 maggio 2023 nella loro casa di Senago, in un audio spedito alla mamma di Giulia l’indomani, dopo averne denunciato la scomparsa, faceva notare, con tono monocorde, “che mancano le ciabatte, una valigia, dei contanti, il suo bancomat, la sua carta, il caricatore del telefono, il D-mannosio, tutte queste cose che lei usa...”. In quel momento aveva già tentato di bruciare il corpo della 29 enne nella vasca da bagno, in seguito l’avrebbe spostato nel box, poi in cantina, poi nel bagagliaio e infine abbandonato dove l’avrebbe poi fatto ritrovare confessando il delitto.
Donne incinte di sette mesi che se ne vanno nel buio senza avvisare i famigliari. Madri di due figli che escono di casa una notte di metà gennaio del 2012, nelle campagne del Pisano, in pigiama e ciabatte, e svaniscono come Roberta Ragusa: suo marito Antonio Logli è stato condannato a vent’anni per il suo omicidio e la soppressione del suo cadavere, mai ritrovato. A differenza di Impagnatiello, non ha mai confessato.
Certo il barman di Senago, nei pochi giorni prima di crollare davanti ai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, di balle improbabili ne aveva seminate (il veleno per topi somministrato a Giulia per farla abortire rocambolescamente ascritto a colpire i "panteganoni" in una piazza del centro), e negli archivi televisivi rimarrà l’immagine, catturata da un cameraman di Telelombardia appostato davanti a casa sua con un plotone di giornalisti, del suo braccio spugnato che pulisce le scale dal sangue. Per Gonzalez, presunto innocente, potrebbero essere state determinanti le telecamere di videosorveglianza, che non hanno mai visto Jo uscire di casa nella notte tra il 24 e il 25 gennaio (né dopo), ma avrebbero ripreso lui, che trascinava un borsone.