MASSIMILIANO MINGOIA
Cronaca

L’attacco di Conte: "È un Far West edilizio. Sala è stato il garante di interessi immobiliari"

Il leader del M5S attacca il sindaco. Niente campo largo alle elezioni 2027?. La Russa: chiedevamo le dimissioni del primo cittadino prima dell’inchiesta. .

Un incontro tra Beppe Sala e Giuseppe Conte quando quest’ultimo era ancora presidente del Consiglio

Un incontro tra Beppe Sala e Giuseppe Conte quando quest’ultimo era ancora presidente del Consiglio

Stavolta non la “tocca piano“, Giuseppe Conte. L’ex premier, ora leader del Movimento 5 Stelle, usa parole dure per commentare l’operato del sindaco Giuseppe Sala e dell’amministrazione di centrosinistra sul fronte dell’urbanistica, dopo l’inchiesta della Procura che è costata il posto all’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi e l’iscrizione del registro degli indagati allo stesso primo cittadino. Proprio parlando del sindaco, Conte, intervenuto a “PiazzAsiago“, sottolinea che "non si tratta di andare sull’onestà o sulla disonestà del singolo. Il problema è che Sala è la testa e il garante di un sistema dove si sono concentrati i grandi interessi immobiliari. Hanno attirato i fondi di investimento, quelli immobiliari, che hanno fatto una grandissima speculazione. Hanno favorito alcuni costruttori che si sono arricchiti enormemente... Il risultato è stato il Far West edilizio, con grande danno per l’intera collettività. È un sistema che è stato messo su e portato avanti".

Un giudizio severo che potrebbero rendere più difficile un’alleanza del M5S con il Pd e con il centrosinistra alle prossime elezioni comunali del 2027. Insomma, il “campo largo“ a Milano potrebbe non concretizzarsi mai. Ma attenzione, meglio usare il condizionale. Perché Sala, già giunto al secondo mandato, nel 2027 non si potrà ricandidare e il Pd sta puntando a un prossimo mandato comunale nel nome della "discontinuità". Una parola che a Conte, visto il suo giudizio sull’attuale sindaco, non può che piacere. Il rapporto tra Sala e i grillini, d’altra parte, non è mai decollato, tanto che in entrambe le ultime elezioni comunali meneghine, il manager Expo prestato alla politica si è sempre trovato contro un candidato sindaco pentastellato: nel 2016 ha corso contro di lui Gianluca Corrado, nel 2021 Layla Pavone, che Sala però, dopo il voto, ha voluto come responsabile dell’innovazione tecnologica a Palazzo Marino.

L’alleanza tra Pd e M5S per Palazzo Marino nel 2027 sarà condizionata dal nome del candidato sindaco. Il frontman del centrosinistra sarà abbastanza in "discontinuità" da Sala per convincere a votarlo anche Conte e gli elettori del suo Movimento? Si vedrà.

Contro Sala, intanto, dopo l’affondo del vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini di lunedì al ristorante Savini ("meglio le Comunali subito, Milano è ferma"), nel centrodestra si scaglia nuovamente anche il presidente del Senato ed esponente di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa: "Nessuno, non io per lo meno ma nemmeno il presidente del Consiglio (Giorgia Meloni, ndr), ha in qualche modo fatto sì che si potesse parlare di volontà giustizialista. Anzi, mai come in questo caso le critiche alla Giunta Sala prescindevano dall’azione giudiziaria, è stato detto più volte da me". L’affondo della seconda carica dello Stato è arrivato durante la cerimonia del Ventaglio con la stampa parlamentare. E per allontanare ancor più da sé e dalla premier l’accusa di giustizialismo, La Russa aggiunge: "Io sono intervenuto molto prima, quando in Parlamento si stava per votare al Senato la cosiddetta legge Salva Milano. Ma non è che una critica politica possa arrestarsi perché c’è un’inchiesta giudiziaria".

Dal fronte del centrosinistra, invece, il capogruppo del Pd in Regione, Pierfrancesco Majorino, replica per le rime ai già citati attacchi di Salvini all’amministrazione comunale progressista: "Usciti dal summit, i leghisti di Salvini dovevano fare una sola cosa: chiedere scusa ai milanesi e ai lombardi per la gestione sconsiderata del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Sono, infatti, 23mila, oltre 10mila solo a Milano, le case popolari vuote di proprietà regionale rispetto a cui i leghisti, che governano la Regione e dirigono praticamente da sempre Aler, non hanno fatto un tubo. Attendiamo fiduciosi che la cosa emerga, tra una chiacchierata e l’altra sui candidati sindaci, dal prossimo meeting".