MASSIMILIANO SAGGESE
Cronaca

La soluzione di Pieve : "Dovevo restare due mesi. Sono qui da sei anni..."

Spazi gratuiti per esercitare la professione: così sono stati attirati i sanitari. Ahmed Wahdan: "È dura seguire tutti, ma questo è il nostro mestiere".

Il medico di base Ahmed Wahdan in servizio a Pieve Emanuele

Il medico di base Ahmed Wahdan in servizio a Pieve Emanuele

A Pieve Emanuele l’emergenza legata alla carenza di medici di famiglia è ormai un lontano ricordo, grazie al Centro di Cultura Socio Sanitaria di via Mascagni 2 intitolato ad Evelina Taddei, che fu pioniera de medici di base in città. Un progetto innovativo di sanità territoriale integrata, nato per rispondere alle crescenti esigenze di cura della cittadinanza, acuite prima della pandemia e poi dalla scarsità di professionisti. Il Centro è stato istituito dopo due anni in cui molte amministrazioni comunali sono state travolte dalla gestione delle emergenze sanitarie. I nuovi medici arrivati sul territorio sono stati tutti collocati negli ex ambulatori della Asl in via Mascagni. Tra loro si è subito instaurato un clima di collaborazione, condivisione e confronto, che ha gettato le basi per un progetto di medicina in forma mista: una rete tra i medici di base di Pieve Emanuele, integrata con i Servizi Sociali comunali, per una gestione condivisa della salute pubblica. Inoltre, il Comune ha favorito l’insediamento dei medici offrendo studi medici all’interno della struttura comunale a costo zero. Una strategia che ha attirato professionisti molto apprezzati per competenza e disponibilità: presenti il più possibile, anche via mail e sullo smartphone, interpretando al meglio il giuramento di Ippocrate.

Uno di questi medici è il dottor Ahmed Wahdan, da sei anni sul territorio. Dottore, com’è nata questa “avventura“? "Sono a Pieve dal 2019: venivo per la guardia medica poi, durante la seconda ondata del Covid, ero in servizio qui e molti colleghi erano andati in pensione. Ho incontrato l’allora sindaco Paolo Festa, che mi ha chiesto di fare il medico di base provvisorio per qualche mese, mettendomi a disposizione ambulatori e strumenti. Dovevano essere due o tre mesi, invece sono diventati due anni. Poi ho sostenuto l’esame di medicina generale e ho deciso di restare".

Cosa l’ha spinta a restare? "C’era tanto lavoro da fare. All’inizio eravamo solo in due e dovevamo seguire tutti i pazienti. Ma è questo il nostro mestiere. Oggi faccio sia il medico di base che la guardia medica. Nel frattempo sono arrivati altri colleghi: adesso siamo in sette. Quando vengo in ambulatorio, mi sento come a casa. C’è tanta armonia".

Il Centro di Cultura Socio Sanitaria di Pieve è un progetto che meriterebbe di essere replicato anche in altri Comuni? "È una realtà che funziona molto bene riesce a offrire numerosi servizi e, soprattutto, garantisce assistenza medica ai cittadini. In altri territori, uno schema simile potrebbe contribuire a risolvere il problema della carenza dei medici e a migliorare l’offerta sanitaria".

A rendere il centro ancora più vivo e funzionale è l’associazione “Gli Amici del Centro Taddei“, che si occupa della cura degli spazi, garantisce supporto e organizza eventi informativi per la cittadinanza. Il Centro Taddei è, a tutti gli effetti, un piccolo gioiello della sanità locale.