MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Carla Calini, la “signora delle calze” di Milano dà l’addio dopo 61 anni

Sta per chiudere i battenti del suo negozio, “Calze Rachele” di via Caccialepori 27, una traversa di via Osoppo tra le zone di Gambara e di San Siro: “Me ne vado con il sorriso. Sono contenta, non ho rimpianti. Questa è l’attività aperta dalla mia mamma nel 1964”

Carla Calini con un’antica forma che serviva a creare le calze di nylon Alle spalle la foto dei suoi genitori

Carla Calini con un’antica forma che serviva a creare le calze di nylon Alle spalle la foto dei suoi genitori

Milano – "Me ne vado con il sorriso. Sono contenta, non ho rimpianti. Questa è l’attività aperta dalla mia mamma nel 1964, il mio posto di lavoro da 51 anni. Ho resistito il più possibile ma dopo una brutta malattia ora devo pensare a rallentare". Carla Calini sta per chiudere i battenti del suo negozio, “Calze Rachele“ di via Caccialepori 27, una traversa di via Osoppo tra le zone di Gambara e di San Siro, specializzato nella vendita di calze da oltre 60 anni. "Qui si trovano solo ed esclusivamente calze. Da sempre. È l’ultima bottega di questo tipo rimasta a Milano".

Così con la signora Carla, che in via Osoppo è nata – "mia madre mi stava accompagnando all’asilo, nel giorno della famosa rapina", che risale al 27 febbraio 1958 – sparisce un pezzo di storia: per decenni ha servito i milanesi del quartiere e non, "anche famiglie facoltose del mondo della cultura, dello spettacolo, della politica, dello sport... ma non voglio fare i nomi perché in un certo senso mi sembrerebbe di tradirle. In fondo, da me venivano “solo“ a comprare le calze". Certo è che da lei tutti trovavano sempre quello che cercano, dai collant più sofisticati alle calze di cotone per i più piccoli.

"Fibre pregiate. Io mi rifornisco dalle aziende migliori, del Bresciano, della zona di Como e non solo. Ma ormai anche aziende di produzione sono sempre meno. Perché la richiesta dei consumatori è calata, c’è sempre meno attenzione alla cura, ai dettagli. Le calze si acquistano sempre di più a “pacchetti“ nelle grandi catene oppure on line. Sono cambiate pure le abitudini: i giovani non usano più le calze lunghe, preferiscono le caviglie scoperte. E le donne amano sempre meno i collant, prediligendo gambaletti e calzini. Le mamme, poi, fino a 20 anni fa compravano per i loro bimbi le calze blu fino al ginocchio: con i fori, a coste, lavorate. Ora prendono quel che capita. Non giudico il cambiamento però noto con rammarico che si dia sempre meno importanza alla forma, al buon gusto. E le calze dicono molto della persona che le sceglie".

Di lei, raccontano i cimeli in negozio: calze di nylon rivestite con una carta che porta il suo nome, "realizzate per la mia nascita – spiega – perché mio padre si occupava del confezionamento prima che mia madre aprisse l’attività" e un’antica “forma“ che serviva per crearle di diverse dimensioni. Adesso è in corso la svendita, "conto di chiudere tutto entro febbraio. Se resterà merce, la donerò ad alcune onlus", fa sapere la signora, che è anche nonna di un nipotino, Romeo, avuto dalla figlia Clara. Nel frattempo ha già venduto gli spazi. "Al mio posto arriverà uno studio di architettura". Si apre un nuovo capitolo.