
Il primo atto del museo, in 52 stazioni, termina tra le dita di Michelangelo. Si ripartirà dal “virale“ Lutero
Milano – L’origine: la Torre di Babele. Punizione divina o dono della diversità e invito a trovare il modo di comunicare, nonostante tutto? Da questa domanda - e dalla doppia interpretazione - comincia il viaggio nella storia della comunicazione, "con un mito che sancisce al contempo la difficoltà, ma anche la necessità di comunicare e di creare strumenti idonei per farlo", si legge alla parete, prima di camminare lungo 145 metri che si arrampicano nella Torre di Iulm 6 per raggiungere - tra piccioni viaggiatori, messaggi di fumo, numeri e note musicali - la Cappella Sistina, affacciandosi sul Cinquecento. E guardando oltre. Perché le prime 52 stazioni fanno parte di un percorso che proseguirà, esplorando la storia dei media fino alle rivoluzioni in corso, intelligenza artificiale in testa. Prende forma così, nel campus della Iulm, il primo Museo diffuso della Comunicazione, che dopo l’installazione “TamTam“ di Ugo Nespolo e il Muro del cinema apre agli studenti e al pubblico “La linea del tempo“. L’ingresso è libero e segue gli orari (e il palinsesto) dell’università di via Bo, sono previste anche visite guidate su prenotazione per le scuole di ogni ordine e grado.
Ad ogni stazione si aprono finestre: qr-code rinviano ad approfondimenti e anche alle lezioni di “Fondamenta“, il programma di studio aperto alla città; si guardano i video montati dagli studenti (uno è incentrato sulla storia dei segnali di fumo, che comincia nel 2000 a.C. e torna così attuale dopo la fumata bianca del Conclave). Gli studenti hanno tradotto anche i testi in inglese, loro la voce che accompagna i visitatori nelle audio-guide. Nel progetto ne sono già stati coinvolti almeno una cinquantina, oltre ai docenti, che hanno aiutato nelle ricerche storiche, filosofiche, artistiche. Questo intreccio tra museo e didattica si innesta anche lungo il percorso, a spirale. "C’è una vera osmosi tra il museo e le aule – sottolinea la rettrice Valentina Garavaglia –. La Linea del Tempo è una mappa che ci guida attraverso le tappe, i modi e le forme con cui gli esseri umani, così come le diverse culture e civiltà, nelle varie epoche storiche, hanno comunicato fra loro".
Si cammina con lo sguardo alle pareti ma anche a terra - comunicano pure i pavimenti - ogni dettaglio è studiato, curato, scelto. La storia delle monete scorre su un Led, la codificazione delle note musicali è in un’installazione mentre si ripercorre l’invenzione del Purgatorio e si racconta l’architettura come mezzo di comunicazione di massa. Si entra in una camera immersiva per studiare iconografia e iconoclastia anche attraverso una carrellata di film mentre un’animazione musicata svela il potere della parola oltre la morte, sfogliando “Le mille e una notte“. L’hanno realizzata cinque studentesse Iulm e un compositore, tra loro Ariel, Erica e Marianna che confessano l’emozione di vederla nel museo. "Abbiamo lavorato sulla prima grande voce femminile della storia per ripercorrere l’emancipazione, attingendo a un misto di tecniche e materiali, che vanno dal digitale alla sabbia", raccontano.
Pochi passi più avanti si sente la voce di Giorgio Colangeli che recita la Divina Commedia a memoria alla Iulm. Il cammino (per ora) termina davanti alle dita che si sfiorano ma non si toccano, quelle di Dio e Adamo, ritratte da Michelangelo Buonarroti nel 1511. "Tendono l’una verso l’altra, ma tra loro c’è un vuoto, una crepa – mostra Gianni Canova, ideatore del progetto –. Tutto quello che è venuto dopo, tutta la storia dell’umanità, le lingue, i segni, i sogni, le immagini, gli alfabeti forse non sono che un tentativo, mai pienamente riuscito, di riempire quella distanza, di riparare quella crepa, di porre rimedio a quel vuoto. La storia della comunicazione, il senso del nostro insaziabile bisogno di comunicare, forse stanno prima di tutto nel buio nero di quella crepa".
"In un periodo dove sembrano prevalere insulto e chiacchiericcio questo museo vuole essere anche un invito alla responsabilità della comunicazione", sottolinea Canova, che per questa prima tappa aveva raccolto 700 voci, selezionate una ad una per arrivare a 52. Al suo fianco anche Sergio Pappalettera, che ha firmato le installazioni e la direzione artistica con Studio Prodesign, Leila Fteita che ha curato le scenografie. "Ogni volta che ripercorro le 52 stazioni mi vengono in mente tasselli che avrei voluto aggiungere, come Federico II", confessa mentre è già al lavoro per il secondo atto. Si partirà dal 1517: "Martin Lutero e le tavolozze esposte fuori dalle chiese con le sue 95 tesi che cambieranno in cinque mesi il volto della storia e della religione. Primo esempio di comunicazione virale". E la rettrice Garavaglia, esperta di Storia del Teatro, guarda alla successiva: "1545: nasce la Commedia dell’arte". Arrivare a cento stazioni è l’obiettivo e sarà un’impresa: mancano gli ultimi 500 anni, che sono il frutto stesso della comunicazione. L’obiettivo? Completare il quadro entro la fine del 2026.