FRANCESCA GRILLO
Cronaca

La “fabbrica“ delle auto rubate. I furti in serie e la rete di acquirenti con l’aiuto del dirigente della Locale

Scoperta la banda responsabile di 33 colpi in due anni tra Cesano Boscone e Corsico: sei in manette. Tra gli indagati (per riciclaggio) anche Daniele Cataldo, braccio destro dell’ex capo ultrà Luca Lucci.

Una delle officine utilizzate dalla banda per “ripulire“ le auto rubate cambiando numero di telaio e sostituendo la targa

Una delle officine utilizzate dalla banda per “ripulire“ le auto rubate cambiando numero di telaio e sostituendo la targa

La banda specializzata in furti d’auto era ben organizzata: ognuno con il suo ruolo, a ciascuno il proprio compito. C’era chi rubava le auto, chi le portava nei capannoni, altri dovevano smontare le targhe e mettere quelle nuove, false o clonate. Persino un commissario di polizia locale aveva un incarico all’interno del gruppo criminale: controllare le telecamere del comune dove lavorava, avvisare i componenti della banda di eventuali indagini in corso e dare informazioni utili per mettere a segno i furti.

I carabinieri di Corsico, i militari della Sezione operativa del Norm e quelli delle stazioni locali, sono riusciti a individuare tutti i responsabili. In sei sono finiti in carcere, a San Vittore, con le accuse di associazione a delinquere finalizzata al furto, ricettazione e riciclaggio di auto. Altri 14 sono indagati, tra cui un commissario capo della polizia locale di Cesano Boscone, dove avvenivano la maggior parte dei furti e dove vivevano due dei sei arrestati: Mario Paglione, 63 anni, e Sergio Concetto Longo, detto “Ciccio“, 61 anni. Gli altri finiti in manette sono Osvaldo Spalenza, detto “Baldo“, 62 anni di Albairate, Alessandro “Sandrino“ Pingitore, 51enne di Milano, Carmine e Salvatore Cacace, il primo 57enne di Spino D’Adda e il secondo ventiseienne di Arcene, provincia di Bergamo.

Secondo le indagini dell’operazione "Missing cars" dei carabinieri, da settembre 2022 a dicembre 2024, la banda avrebbe commesso 33 furti e 20 episodi di ricettazione o riciclaggio. La modalità era sempre la stessa: Paglione era l’organizzatore e procacciatore dei veicoli e portava le auto in officine e capannoni messi a disposizione dagli indagati, tra Albairate (dove c’era quello di Spalenza), Cesano Boscone e Trezzano sul Naviglio. A rubarle, ci pensavano Longo e i Cacace, seguendo le indicazioni di Paglione. Pingitore si occupava di togliere le targhe e sempre Paglione si procurava le centraline per poter commettere i furti. Ognuno aveva la sua competenza, si legge nelle carte dell’inchiesta, avvalendosi di strumenti per lo scasso, di una fitta rete di acquirenti delle auto rubate o delle parti asportate nei capannoni, e della complicità del commissario capo della polizia locale di Cesano che informava il gruppo di accertamenti in corso, avvertiva del posizionamento delle telecamere sul territorio dove lavorava e i limiti di ripresa, così da agevolare i furti, oltre a fornire informazioni sulle targhe clonate e sui numeri di telaio. Tra gli indagati, per riciclaggio, compare anche Daniele Cataldo, personaggio legato ai capi della Curva Sud e a Luca Lucci (capo ultrà rossonero arrestato nella maxi inchiesta sulle curve milanesi): aveva ricevuto un Fiat Fiorino rubato dal gruppo di specialisti.