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Cronaca

Invalida per il Long Covid: Aler le assegna una casa non adatta ai disabili. E lo ammette anche

La storia di Ericka Olaya Andrade, interior designer costretta ad abbandonare la professione per la sindrome post-coronavirus. Barriere architettoniche, muffa e amianto in cantina. E la beffa dell’email-confessione: “Si segnala che l’appartamento non risulta riattato”

Ericka Olaya Andrade, 48 anni, colombiana: il Covid le ha stravolto la vita e il Long Covid l’ha costretta ad abbandonare il lavoro

Ericka Olaya Andrade, 48 anni, colombiana: il Covid le ha stravolto la vita e il Long Covid l’ha costretta ad abbandonare il lavoro

Milano, 3 giugno 2025 – Nel fare richiesta di una casa popolare ha presentato due certificati rilasciati dall’Inps, tra i quali quello dove le si riconosce un’invalidità dell’85%, nonché un referto ospedaliero che elenca le autonomie alle quali ha dovuto suo malgrado rinunciare a causa di una sopraggiunta condizione di disabilità. Nonostante questo Aler Milano le ha assegnato un alloggio che “non risulta riattato per diversamente abili”. Sì, proprio così.

Le parole riportate nel virgolettato, infatti, sono state messe nero su bianco proprio da un responsabile della stessa Aler in una mail del 3 febbraio. Ma non basta. Oltre a non essere “riattato per diversamente abili”, l’alloggio ha problemi di muffa ed è in un palazzo dove c’è ancora amianto, perlomeno in alcuni locali.

Questo è quanto accaduto a Ericka Olaya Andrade, 48 anni, colombiana, a Milano dal 1996 e dal 2020 costretta a convivere con il Long Covid, una sindrome che, come riporta il referto già menzionato, le procura deficit di forza e fatica cronica, dolori cronici alle articolazioni ed emicrania, asma e difficoltà a gestire il senso di caldo e di freddo, problemi cognitivi come temporanee perdite di memoria ed un’efficienza mentale non sempre ottimale. Nel 2020 è stata per due mesi in un Covid Hotel. Quello è stato il periodo spartiacque.

“Prima del Covid ero interior design e artigiana – racconta Ericka –, a volte organizzavo anche eventi. Amavo molto lavorare, ho dovuto smettere a causa del Covid, prima, e del Long Covid, poi. Ora il mio fisico mi concede massimo 30 minuti di autonomia, poi devo riposare, stendermi a letto. Altrimenti ricorro alla sedia a rotelle o al deambulatore”.

L’assegno di invalidità è di 340 euro al mese. Ad un tratto, quindi, si è fatto difficile riuscire a sostenere un affitto sul mercato privato. “Dal 2020 in avanti ho partecipato per tre volte ai bandi per le case popolari e a gennaio del 2025 sono riuscita ad essere tra le assegnatarie”. Sembrava potesse iniziare la discesa, invece ha perdurato la salita: dalla fine di gennaio a oggi Ericka ha ingaggiato un lungo quanto inconcludente scambio di mail con Aler Milano. Ha deciso di ricorrere anche ad un avvocato e, ora, di denunciare pubblicamente quanto le sta accadendo.

“Mi hanno assegnato un alloggio in via degli Etruschi 5”, quartiere Molise-Calvairate. Piano rialzato ed ascensore: le buone notizie finiscono qui. “Ho via via scoperto una serie di barriere che non rendono l’alloggio compatibile con la mia condizione. Impossibile cucinare – fa sapere Ericka –: tra il piano cottura e il calorifero installato proprio sulla parete di fronte ci sono solo 36 centimetri di spazio per muoversi. Troppo poco per chiunque, in particolare per me: una sedia a rotelle non ci passa. Ho chiesto all’ufficio tecnico di Aler di venirmi incontro, ma a quanto pare non si può far niente: non si può spostare il calorifero né si possono spostare gli impianti”.

Al momento dell’assegnazione i cavi del contatore dell’energia elettrica risultavano staccati. Da qui la richiesta di Ericka di (ri)allacciarli. E un’altra scoperta: in via degli Etruschi 5 c’è ancora dell’amianto. Dove? Sicuramente nelle cantine, nei sotterranei. Lo conferma il fatto che il personale di Unareti non ha ritenuto di procedere all’allacciamento dei cavi elettrici senza prima dotarsi di mascherine e tute di protezione. Un fatto, questo, del quale anche il Sicet, il sindacato degli inquilini, ha voluto chiedere conto ad Aler due volte, l’ultima con una mail inviata il 25 maggio e nella quale si legge: “Il tecnico Unareti dichiarava, in apposita relazione sottoscritta, che non poteva accedere al locale cantina per la presenza dell’amianto, senza tute di protezione. Desideriamo sapere, a questo punto, quale è la reale situazione in proposito”.

L’ammissione sulla scarsa abitabilità dell’alloggio per chi convive con disabilità è stata però messa nero su bianco dalla Direzione Tecnica-Sociale UOG4 in una mail del 3 febbraio: “Con la presente segnalo che l’alloggio non risulta riattato per diversamente abili”.

Perché assegnarlo, allora, ad una persona con disabilità? Le risposte sono almeno due: le case popolari adatte per le persone con disabilità sono pochissime e la piattaforma informatica sulla quale si fa richiesta dell’alloggio non consente alle persone con disabilità di precisare con quale disabilità convivano e, quindi, quali siano le loro esigenze.

Ericka, però, non si arrende: “Quando ho fatto domanda, ho presentato tutti i verbali utili e necessari per mettere Aler Milano al corrente della mia situazione e ora voglio che mi si dia la possibilità di vivere in un alloggio senza barriere e senza amianto”.