Milano – “Un guerriero”, che non si farà intimorire dall’aggressione subita, continuerà a indossare “con orgoglio la kippah fino alla morte” e tornerà in Italia, per dimostrare a suo figlio che qui “non tutti sono antisemiti”. È così che si descrive Elie Sultan, il turista francese di 52 anni aggredito domenica scorsa in un’Autogrill di Lainate (Milano), davanti al figlio di appena sei anni.
La procura di Milano ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, con l’accusa di percosse aggravate dall’odio razziale per l’episodio che ha scosso l’opinione pubblica. La prima parte dell’aggressione in parte filmata in un video, quella in cui l’uomo viene insultato con frasi come “assassini, andate a casa vostra”, è stata filmata con il telefonino dalla vittima.
Sultan, parlando al telefono con l’Adnkronos dalla Francia dove la famiglia è tornata “ieri mattina, come previsto”, non nasconde la gravità del trauma subito: “Per entrambi, per cui sarà necessario un supporto psicologico, soprattutto per mio figlio. Mi sto organizzando”. Trascorse 48 ore dall’aggressione nell’area di servizio, sullo choc prevale la rabbia. Non solo per quel che è accaduto a Lainate, ma anche per i “molti messaggi antisemiti, di odio violento” ricevuti sui social network dopo la diffusione del video che lui stesso ha girato all’interno dell’Autogrill.
“Mi sono esposto, sono facilmente riconoscibile, sanno come trovarmi, ma io non mi nascondo. Proteggo i miei figli, ma non mi nascondo”, dichiara con fermezza il 52enne. Una determinazione che nasce dalla volontà di non lasciare che l’accaduto cada nel dimenticatoio: “Ora che sono tornato a casa, potrei lasciarmi alle spalle quello che è successo, dicendomi che tanto non vivo lì e non mi interessa. Invece voglio portare la mia testimonianza, perché in Italia c’è una comunità di ebrei che rischia ogni giorno di venire aggredita come è successo a me e io non voglio che succeda di nuovo. Per questo sto combattendo la mia battaglia”.

Una battaglia che sarà innanzitutto legale: “Voglio giustizia, voglio che quelli che mi hanno aggredito abbiano ciò che si meritano. Non che passino un giorno in commissariato e poi vengano rilasciati”. Ma Sultan non si limita a chiedere giustizia per sé stesso. Il turista francese di religione ebraica fa anche appello alla politica: “Ho ricevuto messaggi di sostegno da parte di alcuni italiani e mi hanno fatto piacere, ma sono deluso che dopo quello che mi è successo, non mi sia stata espressa solidarietà né dal governo francese né da quello italiano. Mi piacerebbe vedere una loro reazione”.
Secondo il cinquantaduenne una condanna forte dell’accaduto funzionerebbe anche da deterrente per il futuro, perché chi compie aggressioni di stampo antisemita non creda di “avere il permesso di fare praticamente tutto quel che vuole, senza temere nulla”.
Alla domanda se l’Italia sia pericolosa in questo momento per gli ebrei, Sultan risponde senza esitazione: “A essere sincero lo è tutta Europa. E lo è più che il resto del mondo”. Una preoccupazione che lo spinge a rivolgere un appello diretto ai media: “Chiedo a voi giornalisti di fare tutto il possibile, attraverso il vostro lavoro, per proteggere la comunità ebraica, perché è una comunità di pace e di giustizia, una comunità aperta e tollerante. Fate tutto il possibile per non alimentare, anzi, per eliminare del tutto l’odio antiebraico in Italia”.
Nonostante l’aggressione subita, Sultan ha intenzione di tornare in Italia, non solo per trovare la figlia maggiore, che vive a Milano con il marito. “Questa mattina ho ricevuto un invito che mi ha toccato il cuore da parte: il presidente della comunità ebraica di Roma ha invitato tutta la mia famiglia a trascorrere un fine settimana lì a settembre. Un invito rivolto a me e soprattutto a mio figlio, che ha vissuto questa esperienza. Non vuole che rimaniamo con questa immagine, vuole mostrarci che non tutti gli italiani sono cattivi”.
La domanda finale va al cuore della questione identitaria: tornando indietro, indosserebbe di nuovo la kippah che ha lasciato indovinare la sua origine agli aggressori dell’Autogrill? “Io non guardo al passato ma al futuro. Non ho tolto la mia kippah e non la toglierò mai. Sono nato ebreo e lascerò questo mondo da ebreo, con grande orgoglio”.
Nel frattempo, gli agenti della Digos di Milano stanno esaminando le telecamere di sorveglianza interne ed esterne dell’area di sosta per risalire alle persone che hanno assalito il turista francese. Un’indagine che Sultan spera possa portare a risultati concreti, non solo per ottenere giustizia personale, ma per lanciare un segnale forte contro ogni forma di antisemitismo.