
Le Residenze Lac in va Cancano, uno dei cantieri posti sotto sequestro
MILANO – Gli accertamenti della Procura, nella maxi-inchiesta sulla gestione dell’urbanistica milanese, tra i vari fronti aperti si concentrano anche sul ruolo dei notai, di studi dove sono state formalizzate le compravendite di immobili poi finiti sotto la lente dei pm per presunti abusi edilizi e in alcuni casi posti sotto sequestro. Anelli fondamentali di quella catena, che dal costruttore porta l’immobile nelle mani dell’acquirente, passata al setaccio. Una materia complessa su cui si era espressa la Cassazione nel 2013, con una sentenza che riguardava uno dei tanti casi di presunti abusi edilizi che spuntano da Nord a Sud della penisola. Si battagliava, 12 anni fa, su un sequestro di terreni e fabbricati a Vasto, dove era in corso la realizzazione di 178 unità abitative “sulla base di titoli edilizi considerati illegittimi”. Il Tribunale del Riesame di Chieti, accogliendo la richiesta di un acquirente non indagato, aveva disposto il dissequestro. La Cassazione, poi aveva annullato con rinvio l’ordinanza del Riesame, accogliendo il ricorso del pm, con motivazioni che sembrano calzare anche su uno dei temi centrali nell’affaire dell’urbanistica milanese.
“L’intervento dei notaio non garantisce una sorta di “ripulitura giuridica” della originaria illegalità dell’immobile abusivo – scriveva la Cassazione nel 2013 – permettendo che esso resti definitivamente radicato sul territorio, nè può consentire all’acquirente di godere di un acquisto dolosamente o colposamente attuato in ordine ad un bene di provenienza illecita ed al costruttore abusivo di conseguire il suo illecito fine di lucro. Argomentandosi in senso difforme lo scempio territoriale diventerebbe praticamente intoccabile e la cultura dell’illegalità diventerebbe diritto acquisito”. Principi che delineano una ruolo “forte“ del notaio, perché “potrebbe concorrere alla lottizzazione abusiva sia contribuendo con la propria condotta alla realizzazione dell’evento illecito sia per violazione del dovere della normale diligenza professionale”. Inoltre “non può ritenersi assiomaticamente sussistente la buona fede dell’acquirente per il solo fatto che quegli si sia rivolto ad un notaio quale pubblico ufficiale rogante”.
Non una semplice firma per il rogito, incassando la parcella, ma anche un controllo documentale capillare e preventivo “quale privato esercente di pubbliche funzioni” su quelle pratiche relative a operazioni immobiliari gravate alla base da macroscopiche irregolarità secondo le accuse della Procura di Milano, e invece perfettamente legittime e con corretti titoli edilizi secondo la tesi dei costruttori. Responsabilità che, invece, erano state escluse da altre sentenze, anche se tra i compiti del notaio c’è quello di garantire che “l’atto è adeguato alle norme imperative di legge”. Al momento non risulterebbero notai indagati nelle inchieste milanesi ma, oltre al fronte penale, il loro ruolo potrebbe finire sotto i riflettori anche davanti alla giustizia civile, nel caso di future cause fra acquirenti rimasti senza casa e costruttori, in operazioni di compravendita convalidate, appunto, dal notaio.
La sentenza del 2013, inoltre, ribadisce il principio che “nelle zone di nuova espansione o comunque in quelle edificabili scarsamente urbanizzate (...) il piano attuativo si pone come “condicio sine qua non” per il rilascio dei singoli permessi di costruire”. Piano attuativo, che disegna lo sviluppo di una zona, assente nei progetti milanesi finiti sotto la lente della Procura. Più di recente, nel luglio scorso, sul caso delle Residenze Lac in via Cancano la Cassazione aveva confermato quel principio, “blindando“ uno dei fondamenti della maxi-inchiesta dei pm Petruzzella, Filippini e Clerici, con l’aggiunta Tiziana Siciliano, sui presunti abusi edilizi. Sulla stessa linea del Tribunale del Riesame di Milano che invece, nei giorni scorsi, ha rimesso in libertà gli indagati per corruzione, tra cui Catella e Tancredi.