
Lo showroom andato a fuoco in via Cantoni e, nel riquadro, Washi Laroo nato il 16 febbraio 1998 e residente a Middelburg in Olanda
Milano – Le condizioni delle carceri italiane, per sovraffollamento, numero di suicidi e inadeguatezza delle strutture, riportano al 2013, anno in cui la Corte europea dei Diritto dell'Uomo, con la sentenza Torregiani, ha condannato l'Italia per i trattamenti inumani e degradanti dei detenuti.
Ed è per questo che l'Olanda fino ad ora non ha concesso il trasferimento di Washi Laroo, 26 anni, olandese di origini nordafricane, destinatario di un mandato di arresto europeo eseguito ad Amsterdam lo scorso dicembre: è accusato di aver appiccato l'incendio in uno show-room alla periferia di Milano nel quale, nel settembre 2024, sono morti tre ragazzi cinesi di 17, 18 e 24 anni, che si trovavano lì per trascorrere la notte.
Il pm milanese Luigi Luzi, che coordina le indagini con il procuratore Marcello Viola, aveva chiesto, tramite il ministero, alle autorità giudiziarie olandesi la consegna temporanea di Laroo affinché potesse partecipare, come prevede il codice, ad accertamenti irripetibili. Ma, fermo restando che il giovane, già ricercato nei Paesi Bassi per alcuni reati, espierà la pena nell'istituto dove ora si trova, non è mai arrivato. Mentre la Procura, dopo gli ultimi atti istruttori, si accinge a chiedere il giudizio immediato per lui e per i mandanti e ideatori del piano criminale Yijie Yao, di 34 anni, e Bing Zhou, di 40, da quanto si è saputo, sono in corso trattative tra Italia e Olanda per trasferire il 26enne.
Cosa che potrebbe avvenire solo se il ministero della Giustizia assicurerà che verrà portato in un istituto penitenziario dove le condizioni detentive non siano quelle descritte dal rapporto di Antigone.