REDAZIONE MILANO

I mandanti e l’esecutore olandese. Lo scherno per il dolore dei parenti: "Tutta questa gente a piangere..."

Laroo è arrivato tre giorni prima in aeroporto da Eindhoven. Poi la fuga in Spagna

Il ventiseienne olandese Washi Laroo immortalato davanti allo showroom di via Cantoni la sera del 12 settembre poco prima dell’incendio

Il ventiseienne olandese Washi Laroo immortalato davanti allo showroom di via Cantoni la sera del 12 settembre poco prima dell’incendio

Un piano premeditato. Probabilmente già a fine luglio, quando i due presunti mandanti e l’esecutore materiale si sono incontrati in un locale di Chinatown. Un mese e mezzo dopo, il 12 settembre, è andato in scena il raid mortale: quasi certamente l’incendiario Washi Laroo, fermato dai carabinieri a Middelburg in Olanda, non sapeva che nello showroom di via Cantoni ci fossero ancora il ventiquattrenne Pan An e i fratelli Liu Yinjie e Dong Yindan, ma il rogo che ha appiccato si è rivelato fatale per i tre giovani cinesi.

Stanto a quanto ricostruito dall’inchiesta, la prima volta Laroo è arrivato il 24 luglio al terminal di Lampugnano a bordo di un Flixbus partito da Eindhoven e si è spostato in un albergo di viale Corsica, dove ha soggiornato fino al 28 luglio. Il giorno in cui avrebbe visto i cinesi Yijie Yao e Bing Zhou, che, secondo gli accertamenti investigativi, l’avrebbero assoldato per intimidire i genitori del titolare dello showroom e dar fuoco al capannone. La seconda volta, il ventiseienne olandese di origini nordafricane è tornato a bordo del volo Ryanair partito da Eindhoven alle 16.55 il 9 settembre, tre giorni prima del rogo killer. Laroo aveva con sé anche il biglietto per il ritorno, prenotato per le 7.55 del 18 da Orio al Serio, ma su quell’aereo non ci è mai salito: quando ha scoperto che le fiamme da lui innescate avevano ucciso tre persone, è scappato immediatamente all’estero il 14, superando il confine con la Svizzera e dirigendosi poi in Spagna.

L’analisi delle telecamere ha consentito agli inquirenti di ricostruire tutti i movimenti di Laroo, come emerge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Manuela Castellabate. Grazie alla dashcam installata su un pullman della linea 40 di Atm, i militari sono riusciti a individuare l’abitazione-covo in via Sapri, nello stesso stabile in cui viveva anche Zhou. Da lì è iniziato il pedinamento virtuale a ritroso, che ha immortalato i sopralluoghi davanti al capannone, il blitz di mezzogiorno per minacciare la madre del proprietario e l’arrivo in via Cantoni alle 22.13. Per la Procura è andata così: Laroo "ha fatto ingresso nel cantiere edile limitrofo allo showroom, per poi calarsi al suo interno attraverso il lucernario (rotto con un mattone, ndr) presente all’altezza del soppalco adiacente alla cucina. Tale azione – si legge ancora nel provvedimento del giudice – è stata realizzata attraverso l’utilizzo di una scala appositamente sottratta all’interno del cantiere edile adiacente allo showroom; dopo aver appiccato il fuoco, l’uomo è fuggito sfruttando l’area industriale dismessa, vicina al cantiere, così imboccando via Angelo Brunetti e poi via Sapri".

Appena è venuto fuori il possibile coinvolgimento di Washi Laroo, i pm hanno attivato i canali di cooperazione internazionale con le autorità giudiziarie di Amsterdam, scoprendo che in patria ha precedenti per un’infinità di reati (dalla ricettazione alla rapina, dal possesso di armi da fuoco a un’accusa archiviata di tentato omicidio) e che è classificato come "armato e pericoloso". Dopo essere scappato dall’Italia, il ventiseienne è rimasto sempre in contatto con i mandanti, ai quali con ogni probabilità lo legavano anche affari di droga (nei dialoghi si parla cripticamente di "carne di maiale"): in più occasioni li ha contattati per avere informazioni sull’evoluzione dell’inchiesta, rassicurando sulla sua fedeltà ("Tengo la bocca chiusa) e ricevendo inviti risoluti a restare lontano dall’Italia ("Meglio non venire... qui è un po’ pericoloso").

Sorpreso dal clamore mediatico generato dalla vicenda, in un dialogo con Zhou, Laroo ha detto sorridendo: "Che roba eh? Tutta questa gente a piangere... fuck... un problema loro, no?". Un ultimo sfregio alle vittime e ai familiari disperati per la loro tragica scomparsa rispettivamente a 17, 18 e 24 anni.

Nicola Palma