GIAMBATTISTA ANASTASIO
Cronaca

Il divieto nei 475 valichi montani. Stop alla caccia, Regione non ci sta: "Controricorso e lettera al ministro"

L’assessore Beduschi: dal Tar una sentenza sproporzionata che riguarda 140mila ettari di confini alpini. Ventisei consiglieri lombardi a Pichetto Fratin: subito misure contro lo smantellamento dell’attività venatoria.

L’assessore Alessandro Beduschi annuncia che Regione Lombardia presenterà ricorso in Consiglio di Stato. Nelle stesse ore 26 consiglieri di maggioranza sottoscrivono una lettera da inviare al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, nella quale esprimono "profonda preoccupazione". Due azioni di caratura diversa – legale la prima, politica la seconda –, per un solo obiettivo: superare la sentenza con la quale il Tar della Lombardia ha accolto le ragioni della Lega per l’Abolizione della Caccia (LAC) e vietato l’attività venatoria entro i mille metri di distanza da 475 valichi montani.

Una scelta, quella del tribunale, mirata a tutelare gli uccelli migratori, le cui rotte transitano in corrispondenza dei valichi delle Alpi e delle Prealpi lombarde. Il contenzioso sui valichi prosegue da anni. In origine la Regione aveva deciso di tutelarne 22, poi il Tar, che nel frattempo aveva accolto i ricorsi delle associazioni animaliste, aveva imposto di salire a 42, una stima provvisoria nell’attesa che fosse un Commissario a fissare il numero definitivo. Il Commissario ha quindi stabilito che 19 valichi fossero da sottoporre a tutela immediata e altri 15 fossero da monitorare per due anni. In tutto 34. Pochi per la LAC, troppi per la Regione. Inevitabile il ritorno al Tar, che ha contestato sia il numero individuato dal Commissario sia il metodo perché "non scientifico". Da qui l’ultima sentenza, il divieto di caccia in 475 valichi e le reazioni di ieri.

"Il ricorso è un atto dovuto perché questa sentenza è chiaramente sproporzionata – fa sapere Beduschi, assessore regionale all’Agricoltura –. Quando si parla di caccia, se ne ne parli non su un impianto ideologico ma concreto che riporti alla scienza e alla conoscenza. Noi abbiamo investito molto per conoscere rotte migratorie e fare studi con primarie università lombarde, quindi avevamo predisposto atti supportati dalla scienza. Dire che tutti i 140mila ettari di confini alpini siano un valico non corrisponde al vero. Siamo disposti a confrontarci su dati autentici, non sul “tutto o nulla“. Indirettamente questa sentenza inficia pure il contenimento dei cinghiali nelle aree alpine e prealpine sebbene si sia in emergenza peste suina".

Poi la lettera al ministro che ha come primo firmatario Carlo Bravo, vicepresidente della Commissione Agricoltura, eletto con Fratelli d’Italia, nonché cacciatore, e sottoscritta da altri 25 consiglieri di maggioranza. "È l’ennesimo caso in cui, sulla base di pareri ideologici e non scientifici, si impedisce una corretta gestione del territorio e della fauna selvatica – scrive Bravo –. Il risultato è la sottrazione di oltre 150.000 ettari alla pianificazione venatoria e l’abbandono di migliaia di appostamenti: si mette a rischio un sistema che ha radici culturali, economiche e sociali profonde. Difendere la caccia regolamentata significa anche difendere le comunità montane, le nostre tradizioni e l’economia locale. Serve una soluzione che metta insieme la tutela ambientale con il rispetto per una pratica antica, radicata e già soggetta a controlli rigorosi. Mi aspetto misure urgenti per evitare che l’intero impianto venatorio venga smantellato".