
Delle quasi cinquecento nuove infezioni da Hiv scoperte in Lombardia nel 2023 – 491 su 2.349 in tutta Italia,...
Delle quasi cinquecento nuove infezioni da Hiv scoperte in Lombardia nel 2023 – 491 su 2.349 in tutta Italia, una su cinque -, circa duecento, cioè due su cinque, sono state diagnosticate tra Milano e hinterland. "Un dato atteso: le aree metropolitane, con più occasioni d’incontri, sono più a rischio. È così in tutta Europa", chiarisce Paolo Bonfanti (in foto), professore di Malattie infettive alla Bicocca e primario all’Irccs San Gerardo di Monza, che con il collega Antonio Di Biagio del San Martino di Genova presiede il dodicesimo workshop del Cisai (Cooordinamento italiano per lo studio dell’allergia in infezione da Hiv) in corso in un hotel di Porta Nuova a Milano. Gli esperti ragionano su "tollerabilità dei farmaci antinfettivi e co-morbilità associate all’infezione da Hiv" in una popolazione di pazienti che, grazie alle terapie che hanno trasformato la malattia letale di trenta-quarant’anni fa in una patologia cronica, arrivano all’età in cui l’immunodeficienza si confronta coi problemi dell’invecchiamento.
Ma un altro problema tormenta gli infettivologi: le diagnosi sono tornate ad aumentare. "Ci si attendeva un rimbalzo, dopo due anni di pandemia che hanno segnato un picco negativo perché le persone non uscivano a fare i test e c’erano meno occasioni di contagio – osserva il professor Bonfanti –. Ma anche se non siamo tornati ai numeri di quindici anni fa, quando in Italia si diagnosticavano quattromila infezioni all’anno, il calo che avevamo visto dal 2010 al 2019 si è interrotto". Le infezioni crescono tra i più giovani, popolazione che negli ultimi dieci anni in Europa ha visto una vera esplosione di altre infezioni sessualmente trasmesse come sifilide (raddoppiate) e gonorrea (triplicate), ma nel post-pandemia l’incremento più significativo ha riguardato quarantenni.
"Quel che più ci preoccupa - sottolinea Bonfanti – è che metà dei nuovi casi ci arrivano quando già hanno manifestato sintomi. E questo ha conseguenze", sia sulla diffusione del virus che sulla loro possibilità di curarsi con terapie che oggi includono iniezioni "long acting" che sollevano i pazienti dalla pillola quotidiana e PrEP, profilassi pre-esposizione per persone ad alto rischio come i partner dei sieropositivi: "Trattare la malattia in fase avanzata è molto diverso rispetto a farlo tempestivamente - conclude Bonfanti –. Dobbiamo migliorare le campagne di screening".
Giulia Bonezzi