STEFANIA CONSENTI E ANNA GIORGI
Cronaca

Milano in silenzio per Giorgio Armani, seimila persone in fila per l’ultimo saluto al Re: l’addio dei vip

Un corteo silenzioso di oltre seimila persone ha reso omaggio a Giorgio Armani alla camera ardente di via Bergognone. Tra lanterne, profumo d’incenso e note di Einaudi, il mondo ha salutato l’uomo che ha vestito generazioni con sobrietà ed eterna eleganza

A sinistra, la bara di Giorgio Armani. A destra, la folla accorsa per omaggiare lo stilista milanese

A sinistra, la bara di Giorgio Armani. A destra, la folla accorsa per omaggiare lo stilista milanese

Milano – Un silenzio quasi surreale, già dalle prime ore del mattino, ha avvolto il quartiere Tortona e quella folla di oltre seimila persone che sabato, nel primo giorno di camera ardente, ha voluto dare l’ultimo saluto a Giorgio Armani. Composti, in silenzio, in coda per ore e per centinaia di metri, fino all’ingresso dell’Armani Teatro di via Bergognone per la camera ardente, allestita (anche oggi sino alle 18) con lo stesso stile, sobrio ed elegante, che è stata la cifra della vita di Armani.

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All’ingresso centinaia di lanterne di carta a rischiarare, con la luce delle candele, il buio, in fondo al quale in un piccolo altare era appoggiata la bara, di legno chiaro, semplice, sormontata da un mazzo di rose bianche. Accanto, il picchetto d’onore dei carabinieri e il gonfalone del comune di Milano listato a lutto. E poi, quell’inconfondibile profumo di incenso che caratterizza ogni spazio creato dallo stilista. Su un tavolino, una lastra d’alabastro con un crocifisso. Ai lati della sala, Leo Dell’Orco, compagno e storico braccio destro, i parenti e i collaboratori più stretti. La folla ha attraversato il teatro, sulle note del piano di Ludovico Einaudi, sulle teste una gigantografia in bianco e nero di Re Giorgio con la frase scelta da lui: “Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia”.

Donatella Versace, John Elkann e Letizia Moratti erano solo alcune delle personalità che si sono recate alla camera ardente di Giorgio Armani a Milano
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Mazzi di fiori bianchi ad ornare i corridoi dello spazio progettato da Tadao Ando, con la supervisione dello stilista che ne ha sempre curato i dettagli. Sabato, fra i primi ad arrivare il sindaco di Milano Giuseppe Sala, John Elkann, il presidente della Federbasket Gianni Petrucci, il Coach dell’Olimpia Milano Ettore Messina e Beppe Fiorello. “Milano è piena di Armani, sarà impossibile dimenticarlo. Lascia il suo credo assoluto nel lavoro come strumento di realizzazione personale e professionale. È un valore che la città non perderà”, sono state le sue prime parole rivolte ai cronisti. Fra i vip, Donatella Versace, arrivata a metà mattinata, ha portato un mazzo di fiori bianchi, per poi tornare subito sull’auto blu. Fra i politici è apparsa una commossa Letizia Moratti. Il mondo del cinema, così amato da Armani, a rendergli omaggio: Giuseppe TornatoreAlessandro Preziosi, Gabriele Salvatores. “Se ne è andato un pezzo di bellezza della vita”, ha confessato Salvatores. E ancora: “Dovremmo usarlo come modello di umanità in questi tempi esagerati, litigiosi e rancorosi”.

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Maria Grazia Cucinotta, in total black, omaggiando Armani anche con il tailleur indossato, ha lasciato un pensiero all’entrata della camera ardente: “Se n’è andato un pezzo di vita, ed è giusto essere qui, sono venuta a dirgli grazie, dal 1994 ad adesso sono 30 anni passati assieme”. Matteo Marzotto, presidente di MinervaHub ha ricordato anche la sua figura di “grande imprenditore, un uomo che conosceva i processi e l’industria: per cinquant’anni ha fatto bene sapendosi sempre rinnovare”.

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Dal mondo manageriale, al calcio con Bobo Vieri che, in compagnia della moglie Costanza Caracciolo, non ha voluto mancare al primo giorno di camera ardente: “Era una persona favolosa, ci vedevamo in giro e mi diceva Bobo c’è un solo colore ed è il blu scuro e da quel momento ho solo il blu”. La presentatrice Ilaria D’Amico in total Armani: “Lui mi diceva sempre, tu sei la donna della camicia bianca. Per me era un personaggio generoso, semplice ed elegante. Ho iniziato a vestire Giorgio quando avevo 25-26 anni. E non ho più smesso”. Ricorda ancora D’Amico: “Lui c’è sempre stato nella mia carriera, ma anche nella mia vita privata. E infatti ha vestito tutti i miei uomini il giorno del mio matrimonio”. Un ricordo lo ha lasciato anche Simona Ventura: “Quando andavo a fare i fitting in via Borgonuovo avere lui che guardava ogni dettaglio, è qualcosa che rimarrà nella memoria”.

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Molti i colleghi stilisti accorsi: da Angela Missoni a Gildo Zegna, da Ennio Capasa ad Alessandro Enriquez. Poi, nel corso del pomeriggio, l’architetto Stefano Boeri (nella fila delle persone comuni), Massimiliano e Doriana Fuksas “C’è chi ha l’orecchio assoluto, Giorgio Armani invece aveva l’occhio perfetto”. È il ricordo più forte che ne ha dato l’architetto Fuksas, arrivato alla camera ardente insieme alla moglie Doriana, (interamente griffata Prada, forse l’unica a non vestire Armani) che ha aggiunto: “Giorgio, era parte della nostra vita – ha concluso –, ci lascia una grande umiltà, era di una gentilezza incredibile, mai arrogante in un Paese come il nostro”.

Milano si è fermata per salutare Giorgio Armani. La camera ardente allestita all’Armani Teatro sarà aperta dal 6 al 7 settembre per accogliere le migliaia di persone desiderose di rendere l’ultimo omaggio al re della moda italiana, scomparso il 4 settembre a 91 anni per un’infezione polmonare. Un corteo silenzioso di personalità del mondo dello spettacolo, del cinema, della moda, dell’arte, della politica, dello sport e dell’imprenditoria ha attraversato via Bergognone per dire addio al genio che ha vestito il mondo intero.

Armani si è spento a Milano, città che lo ha adottato e che oggi lo piange come un figlio. Un fiume di persone ha voluto salutare per l’ultima volta “Re Giorgio”, l’uomo che ha rivoluzionato il concetto di eleganza italiana nel mondo. L’atmosfera sacra creata da un tappeto di lanterne e il profumo d’incenso ha trasformato il teatro, dove lo stilista era solito presentare le sue collezioni, in un luogo di raccoglimento e memoria.