
L’imprenditore discendente dell’antica famiglia, diviso tra Lomellina e città "Puntualità, sincerità e trasparenza: il carattere meneghino si può acquisire".
Poter ritrovare nell’album di famiglia, Federico Radice Fossati, tra memorie e ritratti quello della Dama con l’ermellino di Leonardo, fa sentire più milanesi? "La milanesità è sicuramente ereditaria, ma anche trasferibile: puntualità, sincerità, trasparenza, pure nei rapporti economici, sono valori acquisiti da chi si stabilisce a Milano. All’opposto, i milanesi a Roma si corrompono".
Come entra la bella Gallerani nella vostra storia? "Era proprietaria, prima di noi, delle campagne che tuttora coltiviamo e abbiamo reso attraenti per il turismo agroalimentare".
Dove? "Nel Pavese, a Mezzana Bigli, nella pianura più fertile d’Europa. Il 17 maggio ricorrono esattamente 500 anni dalla concessione del feudo a Gian Antonio Biglia, nostro capostipite".
Milanese, grande amico in gioventù di Ludovico il Moro... "Che alla dama amante aveva donato queste campagne. Sempre accanto al duca, anche durante la prigionia in Francia, fu il cavalier Biglia. Poi abile artefice della restituzione del ducato a suo figlio Francesco II, ultimo degli Sforza. Che lo ripagò con le terre di Mezzana, nel frattempo cedute dalla Gallerani".
Dunque, ’500 anni e un... po’: le vicende del possesso fondiario solcato dal grande fiume sono al centro di un’importante giornata di studi all’università di Pavia (Aula Foscolo) il 17 maggio. Altri incontri, a Mezzana, tra settembre e ottobre. Non poco, mezzo millennio di vita produttiva.
"Per la verità, le tracce dei Confalonieri (con il diritto ereditario di portare il gonfalone della Chiesa Ambrosiana) risalgono fino al IX secolo, all’arcivescovo Ansperto. A questo ramo appartiene il patriota Federico, pure celebrato dell’anniversario".
In sintesi l’albero genealogico? "Si è ramificato attraverso 7 generazioni di Biglia e, con i matrimoni delle donne, 4 generazioni di Confalonieri e 5, per ora, di Radice Fossati. Ma lasciamo agli storici occuparsi del lignaggio nobiliare, poco mi interessa".
Almeno in un modello di nobilitas, conte, anzi dottor Federico, si riconosce? "Più di tutti mi piace proprio il mio omonimo Confalonieri, che finì in carcere allo Spielberg. Tra i capi degli “italici”, lavorò a un movimento rivoluzionario in Lombardia. Insieme ai piemontesi, che lo tradirono. Preferisco però celebrarlo come il primo in Italia ad avere introdotto le Scuole di mutuo insegnamento, a sostegno dei bambini di famiglie senza capacità finanziarie".
A Milano? "Sì, dove introdusse anche l’illuminazione a gas. Mentre sul Po nel 1820 fece navigare il primo piroscafo a vapore, alimentato a carbone, proprio come i battelli del Mississippi nei romanzi di Mark Twain".
Atipici, riconosciamo, questi signori che non si fecero la villa sul lago. "Ci voleva nondimeno l’intraprendenza milanese per investire a sud, soprattutto nella Lomellina malsana, terra di nebbia e zanzare".
Che gli aristocratici semmai attirava per l’attività venatoria. "A caccia, in autunno, da ragazzo ci andavo anch’io. Ma quando ho incominciato a occuparmi di Mezzana, ho congedato gli affittuari e avviato la gestione diretta. Mettendo a frutto anche i miei studi in scienza della produzione animale. E con il sostegno di mia moglie Madina".
Orgoglioso dei risultati? "Ho aumentato la superficie coltivabile risanando aree paludose. Introdotto i pomodori. Cercato di introdurre il riso Tea più resistente alle malattie...".
Boicottato. "Atto di violenza oscurantista contro anni di ricerche universitarie aver divelto il campo sperimentale l’anno scorso. Ma la scienza qui può sempre perseguire l’obiettivo di un’agricoltura sostenibile".
Qui si sono visti i primi mulini galleggianti. "Qui è stato collaudato nel 1929 il primo trattore Diesel italiano. Qui l’ammiraglio e ingegnere Giosuè Allegrini lancerà il progetto di un battello hi-tech a cellule combustibili, sull’esempio della barca del Confalonieri".
Torniamo a Milano, nella silenziosa contrada del Cappuccio, dove risiede. Tra giardini segreti, sopravvivenze di chiostri, le dimore di Guido Uccelli di Nemi, fondatore del Museo della Scienza, e di Attilio De Marchi, studioso delle antichità cittadine.
"Confesso che è impossibile lasciare questa Milano. I miei figli Alberico e Nicola ne hanno avuto la tentazione, e sono ritornati: proseguono le tradizioni familiari, in campo immobiliare e agricolo. Ma il vero rinascimento della città avviene lontano dal centro storico".
Nelle periferie? "Infatti lì abbiamo puntato i nostri investimenti urbani. Riqualificando in tempi ancora non sospetti aree industriali degradate. Le ex-Officine Meccaniche. La ex-Innocenti Sant’Eustacchio a Lambrate. L’ex- Polo Magneti Marelli. Sì, Milano, dall’ incontenibile vitalità, nelle periferie ha ancora tantissimo da dare a beneficio di tutti".