NICOLA PALMA
Cronaca

Dietro le sbarre di Opera: come fa la droga ad entrare nel carcere di massima sicurezza di Milano?

Blitz della polizia penitenziaria: sequestrati un etto di coca e 30 panetti di hashish. Arrestate due persone: coinvolto un corriere di società esterna

Il blitz della polizia penitenziaria ha smantellato un giro di spaccio a Opera anche se le indagini proseguiranno per ricostruire l’intera organizzazione

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MILANO – L’indagine sul giro di spaccio nel carcere di Opera sembra soltanto alle battute iniziali, o quantomeno in grado di regalare sviluppi sorprendenti. La sensazione è che la banda fosse ben strutturata e organizzata e che potesse contare su alcuni detenuti all’interno del penitenziario (e forse pure sulla compiacenza di qualcuno che avrebbe dovuto controllare e non l’ha fatto). Il primo passo dell’inchiesta degli agenti della polizia penitenziaria è comunque già degno di nota: nelle ultime ore, due uomini italiani sono stati arrestati per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio; ieri mattina è andata in scena la direttissima in Tribunale. “Ancora una volta, le donne e gli uomini della polizia penitenziaria dimostrano competenza, coraggio e dedizione, operando con professionalità anche in contesti complessi e ad alto rischio”, la riflessione del segretario generale del Sinappe Roberto Santini.

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“Un plauso particolare va al comandante di reparto, il primo dirigente Felice De Chiara, che sta valorizzando il personale che ha a disposizione con un gruppo di lavoro impegnato a garantire sicurezza e legalità con ottimi risultati, d’intesa con la Procura”, aggiunge il segretario milanese della sigla Filippo Di Martino. Stando alle informazioni verificate dal Giorno, in manette sono finite due persone esterne al carcere di massima sicurezza alle porte di Milano. Il primo avrebbe avuto la materiale disponibilità della droga, tanto che nel corso della perquisizione a casa gli investigatori avrebbero sequestrato almeno un etto di cocaina purissima e una trentina di panetti di hashish. Il carico, l’ipotesi degli inquirenti, era destinato proprio ai clienti reclusi nel penitenziario, con il fondato sospetto che altre partite siano entrate nel recente passato.

Il secondo è un dipendente di una delle società che collaborano con Opera: un corriere che fa accesso abitualmente alla struttura per trasportare il materiale che verrà poi assemblato dai detenuti del reparto a trattamento avanzato, che hanno più libertà di movimento e sono ammessi a mansioni lavorative che ne agevoleranno il futuro reinserimento lontano dalle sbarre. Secondo l’inchiesta ancora in corso, sarebbe quella la “falla” sfruttata dai pusher per far transitare sottobanco coca e hashish. A far scattare gli accertamenti è stato proprio il ritrovamento in carcere di piccoli quantitativi di stupefacente.

Una scoperta che ha fatto risuonare un campanello d’allarme e innescato di conseguenza gli immediati approfondimenti del caso, effettuati in maniera discreta per non insospettire chi di quel traffico è stato artefice o comprimario. Durante il blitz dell’altra sera, sono stati scovati pure alcuni telefoni: di sicuro c’era qualche detenuto che lo usava per comunicare con gli “operativi”.

E non si può non ricordare che poco più di un mese fa altri due cellulari-fantasma erano già finiti nelle mani degli agenti: uno, modello micro, era nascosto nel bavero della giacca di un recluso per associazione mafiosa; l’altro era all’orecchio del suo “proprietario” (a sua volta condannato in via definitiva per 416-bis) quando è andata in scena l’irruzione a sorpresa. Inutile dire che l’indagine è destinata ad andare avanti per ricostruire come funzionava l’organizzazione e per capire se e in che modo siano stati elusi i controlli all’ingresso.