Palma
Martedì pomeriggio i carabinieri si sono presentati nel Cas Casa Papa Francesco di San Zenone al Lambro per prelevare il dna agli ospiti del centro di accoglienza straordinario che si trova a poche centinaia di metri di distanza dalla stazione. Ed è proprio questo uno degli elementi che ha spinto la Procura di Lodi ad accendere un faro sulla struttura per richiedenti asilo che conta una cinquantina di camere con una media di quattro posti letto per stanza. L’altro indizio che sin dall’inizio ha fatto concentrare l’attenzione degli inquirenti anche sul centro arriva dallo scarno identikit fornito dalla vittima della violenza sessuale avvenuta nella tarda serata di sabato lungo la strada che collega la frazione Ceregallo al comune di Sordio, al confine tra le provincie di Milano e Lodi: la ragazza, ancora sotto choc per l’accaduto, ha parlato di un uomo mai visto, probabilmente di origine africana, con carnagione scura e capelli ricci.
I tamponi per acquisire il profilo genetico sono stati effettuati su base volontaria, anche perché l’obbligatorietà richiede un percorso più lungo che passa da un provvedimento del gip: stando a quanto risulta al Giorno, nessuna delle persone a cui è stato chiesto di sottoporsi al test si è rifiutata. Le sequenze incamerate dai militari, più di un centinaio in totale, saranno ora confrontare una per una con quella che verrà estrapolata dagli specialisti del Ris di Parma. Sì, perché gli esami effettuati al centro anti-violenze della clinica Mangiagalli e i rilievi sul posto delle tute bianche della Sezione investigazioni scientifiche hanno trovato una traccia biologica attribuibile al violentatore scappato dopo aver abusato della vittima. Gli accertamenti dei carabinieri della Compagnia di San Donato Milanese si stanno muovendo pure in altre direzioni, come sempre accade in casi così delicati. In assenza di testimoni, gli investigatori dell’Arma stanno passando al setaccio le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza installate nell’area che ruota attorno allo scalo ferroviario.
Sotto la lente anche le celle telefoniche, per cercare i numeri che le hanno agganciate nella tarda serata di sabato e avviare uno screening mirato. Martedì mattina è andato in scena un vertice tra magistrati e carabinieri per fare il punto e pianificare i prossimi passi dell’inchiesta coordinata dalla pm Martina Parisi. "Chi ha visto qualcosa, o rivedendo le proprie telecamere private si accorge di qualcosa che potrebbe risultare utile alle indagini, o è venuto a sapere qualcosa rispetto alla violenza a una diciotteenne messa in atto lo scorso weekend alla stazione di San Zenone al Lambro chiami i carabinieri e racconti quello che sa", l’appello lanciato dalla procuratrice di Lodi Laura Pedio.
Reduce da una serata trascorsa in compagnia della sorella, la diciottenne stava raggiungendo a piedi la stazione per salire sull’ultimo treno delle 23.04, che l’avrebbe riportata nella casa della periferia nord di Milano dove vive con i genitori. All’improvviso, le si è parato davanti un uomo mai visto prima, che lei ha descritto così: "Carnagione scura e capelli ricci". Lo sconosciuto l’ha afferrata per le braccia e l’ha trascinata con la forza sotto un albero, vincendone la strenua resistenza; i segni da "costrizione" che aveva sul corpo testimoniano che la vittima ha lottato a lungo con il suo aggressore per cercare di divincolarsi dalla presa, purtroppo senza riuscirci. Comprensibilmente sotto choc per l’accaduto, la ragazza non è riuscita a quantificare il tempo in cui è rimasta in balìa dello stupratore, ma una prima ricostruzione parla di circa 20 minuti.