La vendita di San Siro, da mettere a segno entro il 10 novembre per evitare il vincolo blocca-tutto della Sovrintendenza sul secondo anello. Ma anche la Beic, vale a dire il grande progetto della Biblioteca Europea, l’accelerata sulle vasche di laminazione contro le esondazioni del Seveso, "visto che al momento se n’è realizzata una sola", e, ancora, la trasformazione di piazzale Loreto, uno dei piazzali insieme simbolo e nevralgici di Milano, e, infine, il nuovo Museo della Resistenza.

Sono questi i dossier sui quali il sindaco Giuseppe Sala ha chiesto al Pd, primo partito di maggioranza, compattezza in questi due anni che mancano alla fine del mandato. Ricevendo in cambio dai Dem la richiesta di calcare la mano sulle politiche sociali, a partire dal contrasto all’emergenza abitativa e dal costo della vita, ma anche rivedere il Piano di Governo del Territorio e badare al verde. L’accordo, come dimostrato ieri in Consiglio comunale, alla fine s’è fatto. A nessuno conveniva che Sala rassegnasse le dimissioni.
Quanto a San Siro, un primo compromesso si è raggiunto, e il sindaco lo ha confermato ieri in un passaggio del suo discorso: la delibera tornerà sul tavolo della Giunta comunale solo a settembre, mentre era fin qui previsto che fosse approvata entro la fine di luglio con tanto di appuntamento già fissato dai due club, Milan e Inter, dal notaio.
Un rinvio che, dal punto di vista politico, viene incontro alla richiesta dei Dem di prendersi un po’ di tempo in più, alla luce dell’inchiesta, prima di licenziare la delibera. Ma tutto sommato indolore dal punto di vista sostanziale se a settembre di accelererà per davvero, perché non pregiudica il rispetto della scadenza ultima del 10 novembre 2025, la data a partire dalla quale scatterà quel vincolo architettonico sul secondo anello dello stadio che renderà impossibile, a quel punto, procedere con ogni piano di demolizione e ristrutturazione dell’impianto.
Quanto a piazzale Loreto, il tema del confronto interno in Giunta è la quota di verde. A proposito di verde, la revisione del Pgt è un altro punto dell’accordo ma anche in questo caso i lavori erano già in corso, come ha fatto sapere polemicamente l’assessore Giancarlo Tancredi ieri in Consiglio comunale durante l’intervento col quale ha rassegnato le sue dimissioni. Il punto è che ora il Pd si aspetta un maggior coinvolgimento nei lavori. La strada della collaborazione è rinsaldata, come ha fatto capire anche Beatrice Uguccioni, capogruppo dei Dem in Aula, sottolineando come "la bufera in corso" dovrà essere l’occasione per un rilancio, per pensare non più solo alla scadenza elettorale del 2027 ma a quella del 2032.
"La sua scelta dipenderà per il 90% dalle risposte che il Pd darà in questo fine settimana". Così aveva risposto un fedelissimo di Sala, sabato, quando gli si chiedeva quanto avrebbe inciso la linea dei Dem sulla scelta del sindaco di Milano di restare o no in carica. "Da qui alla fine del mandato mancano due anni e Sala – faceva sapere il suo strettissimo collaboratore – vuole una garanzia su tutte: non trascorrere questi due anni come gli ultimi sei mesi. Vale a dire: senza una vera maggioranza, con continue liti interne su tutti i dossier e tutte le partite più importanti dell’agenda cittadina, dal Salva Milano fino al futuro di San Siro". Vietato "tirare a campare", insomma.
Al contrario, Sala e il suo entourage ritengono che se si deve ripartire "bisogna farlo coesi e compatti, come se ricominciasse da capo, come se iniziasse una nuova legislatura, una legislatura della durata di due anni". Coesi e compatti – si ripete – su alcuni dossier e alcune partite in particolare. "Se su questi basi voi ci siete – ha detto non a caso il sindaco ieri in Aula –, io ci sono".