Milano, 10 dicembre 2024 – Quest’anno sarà lei a prendere la parola. Ogni 12 dicembre, i familiari delle vittime della strage della Banca nazionale dell’agricoltura chiedono a un giovane di parlare durante la commemorazione in piazza Fontana. Dopodomani toccherà alla ventiseienne Chiara Sensini, originaria di Spoleto: laureata in Giurisprudenza e tirocinante al Tribunale di Bologna, fa parte dell’associazione “Ombre sulla Repubblica”. Qualche mese fa, ha intervistato Paolo Silva, a cui la bomba di matrice ordinovista portò via il padre Carlo; e quella è stata l’occasione per invitarla a partecipare al corteo e leggere il suo messaggio alle nuove generazioni.
Chiara, di cosa si occupa l’associazione “Ombre sulla Repubblica”?
“È nata nel 2014 da un’idea di alcuni ragazzi all’epoca studenti. Ci occupiamo di temi legati allo stragismo terroristico e mafioso e alla giustizia sociale, avendo come obiettivo la divulgazione su questi temi attraverso eventi, presentazione di libri e progetti”.
Quando ha iniziato a seguire la stagione dello stragismo?
“Ho iniziato a interessarmene durante mia adolescenza, quando, nel mio percorso scolastico, mi sono resa conto che la storia sembrava fermarsi alla seconda guerra mondiale. I programmi scolastici non andavano oltre. E io mi chiedevo: ‘E poi?’. Questa domanda mi ha spinto a cercare risposte, a esplorare un periodo che la scuola non ci raccontava”.
La strage di piazza Fontana non ha colpevoli dal punto di vista giudiziario, anche se la Cassazione ha stabilito che la responsabilità va attribuita a Franco Freda e Giovanni Ventura: che effetto le fa sapere che nessuno ha pagato? Oggi sarebbe possibile?
“La consapevolezza che nessuno abbia pagato lascia un profondo senso di rabbia. Tuttavia, è importante comprendere che non sempre l’esito di un processo corrisponde alla verità. Nel processo penale, infatti, la finalità di accertamento può prevalere sull’esigenza veritativa: questo emerge, ad esempio, dalle disposizioni che disciplinano l’acquisizione e la valutazione della prova, così come dall’istituto del ne bis in idem. Il giudice, infatti, deve attenersi esclusivamente alla verifica della sussistenza del tema posto dall’accusa, il quale definisce i limiti entro cui condurre l’accertamento”.
Dopodomani parlerà in piazza Fontana. Crede che i giovani sappiano abbastanza del periodo dello stragismo italiano? Se avesse davanti una platea di liceali, cosa direbbe loro?
“Credo che i giovani sappiano molto poco sul periodo dello stragismo italiano. Come ho detto, purtroppo i programmi scolastici si fermano spesso alla fine della seconda guerra mondiale, mentre temi come la guerra fredda e i suoi effetti sull’Italia vengono trattati solo di sfuggita, se non esclusi del tutto. Questo accade sia perché i programmi non lo prevedono sia per una scarsa capacità di coinvolgere i ragazzi su questi argomenti. Se potessi parlare a una platea di studenti, direi loro di non accontentarsi di quello che viene insegnato, ma di andare oltre: porsi domande, coltivare la curiosità e approfondire. Solo così si può davvero comprendere il presente e costruire il futuro”.
Quale sarà l’argomento portante del suo discorso?
“Il dovere della memoria come strumento di responsabilità e consapevolezza: è fondamentale per preservare la verità storica, combattere ogni tentativo di manipolazione del passato e costruire un futuro basato sui valori di giustizia, libertà e democrazia”.
Sta facendo praticantato al Tribunale di Bologna: vuole diventare un magistrato?
“Si. Non direi semplicemente che è un sogno, ma una voce silenziosa che mi accompagna da anni e che talvolta suscita anche una certa paura per la complessità del percorso. L’esperienza del tirocinio al Tribunale di Bologna mi ha permesso di entrare in contatto diretto con questo mondo, di osservare da vicino il ruolo trasformativo che la giustizia può avere. In quest’ottica credo che il diritto rappresenti uno strumento fondamentale: questo mi spinge ogni giorno a perseverare”.