NICOLA PALMA
Cronaca

Mafiosi con il cellulare, allarme nel super carcere di Opera: detenuti con lo smartphone, un micro-telefonino nascosto nel bavero della giacca

Milano, i due quarantenni campani in cella per associazione a delinquere di stampo mafioso: sono rinchiusi nella sezione di Alta sicurezza. Indagine della Polizia penitenziaria sulle falle nel sistema di sorveglianza e i contatti all’esterno con la criminalità organizzata

La polizia penitenziaria nel carcere di Opera

La polizia penitenziaria nel carcere di Opera

Milano – Uno è stato “pizzicato” con lo smartphone in mano. L’altro aveva nascosto un micro cellulare nel bavero di una giacca. Peccato che nessuno dei due detenuti della sezione di Alta sicurezza del carcere di Opera fosse autorizzato ad avere un telefono in cella. Così gli agenti del penitenziario alle porte di Milano hanno sequestrato i dispositivi elettronici per avviare gli accertamenti investigativi: innanzitutto, bisogna capire se i reclusi che ne avevano la disponibilità siano stati gli unici a usarli o se li abbiano condivisi con altri; in secondo luogo, l’indagine punta a chiarire come siano entrati i telefoni in una sezione detentiva a elevata sorveglianza e se siano stati usati per comunicare con persone legate alla criminalità organizzata. Sì, perché, stando a quanto risulta, i due reclusi scoperti dal personale di polizia penitenziaria di Opera, entrambi campani sulla quarantina, sono dietro le sbarre per scontare una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, non però in regime di carcere duro al 41 bis.

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Il blitz in cella: perquisizione a sorpresa

La ricostruzione del doppio blitz ci riporta alla mattina di martedì, quando va in scena la quotidiana ispezione ordinaria a campione. In una delle celle, le guardie carcerarie, guidate dal comandante Felice De Chiara, notano un’anomalia, un caricabatterie dietro un televisore. Così nel pomeriggio viene organizzata una perquisizione straordinaria, a sorpresa, che di solito viene eseguita nelle prime ore della notte: al momento del controllo, il detenuto nel mirino ha lo smartphone con sé. Non è finita: a un altro recluso viene trovato un micro cellulare, di quelli che si tengono nel palmo di una mano e che vengono usati solo per fare chiamate e inviare messaggi.

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Sventato l’ingresso di un terzo telefonino

A chi? È quello che ora vogliono appurare gli agenti della penitenziaria. In regime di Alta sicurezza i detenuti hanno diritto a regolari colloqui coi familiari: l’ipotesi di chi indaga è che i telefoni venissero utilizzati per comunicare con altre persone all’esterno. I due reclusi rischiano un’ulteriore condanna da uno a quattro anni, secondo l’articolo 391 ter del codice penale sull’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Gli agenti hanno sventato anche l’introduzione fuorilegge di un altro telefono, intervenendo nell’area riservata all’ingresso dei familiari; nello stesso contesto, sono stati sequestrati 27 grammi di hashish.

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“Servono sistemi di schermatura dei segnali”

“Le due operazioni – sottolinea Carmelo Lo Pinto, rappresentante lombardo del sindacato Sinappe – non sono solo due successi operativi rilevanti, ma anche un forte messaggio istituzionale: lo Stato è presente, vigile e determinato a far rispettare la legge in ogni ambito, anche nei contesti più complessi e sensibili come quello penitenziario”. Da tempo gli esponenti sindacali delle guardie carcerarie chiedono che gli istituti di pena siano dotati di sistemi di schermatura dei cellulari, così da disinnescarne il segnale in partenza.

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