SIMONA BALLATORE
Cronaca

Le politiche di Trump, l’inverno demografico. La Bocconi risponde alle sfide del nuovo mondo: “Vogliamo intercettare i ricercatori di ritorno dagli Usa”

Il presidente Andrea Sironi: “Venticinque anni fa abbiamo iniziato con i corsi in inglese. Oggi gli stranieri sono il 50% degli ingressi. E sei domande di ammissione su dieci arrivano dall’estero”

Andrea Sironi, presidente dell’Università Bocconi

Andrea Sironi, presidente dell’Università Bocconi

Milano – Le domande di ammissione degli studenti internazionali in Bocconi hanno superato quelle degli italiani: sei su 10 arrivano da altri Paesi. Per i corsi di laurea triennali i candidati dall’estero sono cresciuti del 25% e gli Stati Uniti rappresentano - per la prima volta - il terzo Paese d’origine più numeroso nelle application dopo Francia e Turchia. Con questo nuovo record, ma anche con la consapevolezza dello scenario geopolitico complesso, si inaugura oggi l’anno accademico: “In alcuni Paesi si sta mettendo in discussione la libertà accademica, che è importantissima perché noi si possa compiere la nostra missione”, sottolinea Andrea Sironi, presidente dell’Università Bocconi.

Inaugurazione Anno Accademico 2023 - 2024 - Università Bocconi Milano - Foto Stucchi - Nella foto Andrea Sironi

L’università ha di fronte grandi sfide. E il calo demografico è alle porte.

“Ogni anno le coorti di maturati che si affacciano al mondo universitario sono sempre più ridotte numericamente e questo ha implicazioni rilevanti. Noi, 25 anni fa, abbiamo iniziato ad aprirci al mondo con programmi offerti in lingua inglese e gradualmente abbiamo accresciuto la quota di stranieri. Abbiamo un’università che ha un ingresso più o meno del “50-50“. Questo ci ha un po’ “protetti”, anche perché sono cresciute molto le application dall’estero, però siamo un ateneo italiano e un motore per la mobilità sociale in Italia: dobbiamo continuare ad avere una quota rilevante di studenti italiani. Tanto è vero che moltissimi vengono con borse di studio ed esoneri: uno su tre accede oggi ad agevolazioni”.

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L'università Bocconi

Le tensioni geopolitiche in corso stanno avendo un impatto forte sul mondo universitario.

“Il sistema accademico è caratterizzato da interdipendenza strategica, con programmi formativi e di ricerca in comune, scambi di studenti e di docenti. Tutto questo sistema oggi è un po’ messo in discussione da politiche protezionistiche, nazionaliste. Il caso eclatante è quello degli Stati Uniti, dove sono messi in discussione i visti. E si pensi che solo Bocconi ogni anno manda negli Usa circa 475 studenti, e altrettanti ne riceve. È uno scenario complicato”.

Come affrontarlo e difendere la libertà accademica?

“Per certi versi facciamo un po’ come le imprese: quando i rapporti e i legami con un Paese diventano più difficili, da un lato cerchiamo di collaborare con le università di quel Paese, in uno spirito costruttivo, dall’altro potenziamo gli scambi e le relazioni con le università di altri Paesi, anche perché sempre più studenti vogliono vivere un’esperienza internazionale”.

Sta cambiando la geografia della popolazione scolastica?

“I Paesi con cui abbiamo relazioni più forti sono il Regno Unito, la Francia, la Germania, la Spagna, l’Europa tutta. Negli ultimi anni si è potenziato il rapporto con l’Asia: Cina, India, Giappone. Abbiamo avuto finora rapporti solidi nelle Stati Uniti: molti nostri laureati sono professori nelle più prestigiose università americane. Per certi versi, quello che sta succedendo lì, credo possa rappresentare un’opportunità per l’Europa: sono davvero tanti i ricercatori che hanno visto interrotto il finanziamento ai propri progetti di ricerca, licenziati diversi collaboratori, ritirati visti. E quindi stanno guardando con crescente interesse al Canada e all’Europa”.

Avete già avuto segnali?

“Di manifestazioni di interesse negli ultimi mesi ne abbiamo avute diverse, principalmente da europei che vogliono tornare in Europa. E questo per noi è importante, per una volta sarebbe un po’ un’inversione della fuga di cervelli che ha visto tanti lavoratori brillanti e ricercatori andare negli Usa dall’Europa”.

Come intercettare il flusso?

“L’Europa si è mossa con il Choose Europe, ma credo dovrebbe fare di più, in modo più coordinato, non a livello di singoli Paesi. Ci sono state iniziative importanti, l’European Research Council ha raddoppiato il finanziamento per chi viene da fuori Europa, però secondo me bisogna fare di più: è un’opportunità davvero unica”.

L’Italia è pronta ad attrarli?

“Abbiamo già meccanismi per cui uno può far arrivare docenti particolarmente produttivi e brillanti, da altri Paesi, senza bisogno di passare attraverso concorsi, come per i docenti di chiara fama. Come Bocconi, siamo in una situazione privilegiata, perché abbiamo la possibilità di offrire salari competitivi anche grazie alla nostra attività di raccolta fondi e alle cattedre intitolate. Quello che questi giovani cercano è soprattutto un ambiente stimolante e produttivo, dove ci sono fondi per i loro progetti di ricerca, dipartimenti e professori già molto attivi sul fronte della ricerca”.

In questo contesto come si posiziona Milano?

“Milano è già una città attrattiva, ha tutte le facilities che servono e atenei che collaborano bene tra loro. Ed è davvero una città universitaria. Nel nostro caso abbiamo anche la scuola internazionale per i bambini, offriamo sussidi per l’abitazione, abbiamo strutture nostre che ci aiutano a essere competitivi. Certo è un mercato molto concorrenziale, anche le università degli altri Paesi europei si stanno muovendo. Giusto sia così”.

Il caro-affitti è ancora all’ordine del giorno.

“Il problema vero sono le residenze. Noi siamo agevolati perché abbiamo più di duemila posti letto nel campus e questo ovviamente ci aiuta. Abbiamo progetti di espansione e mi auguro che non si interrompano alla luce di quello che sta succedendo a Milano in ambito urbanistico. Negli ultimi anni sono partiti diversi cantieri per ampliare l’offerta di posti in residenze studentesche. Il punto è che devono essere a costi ragionevoli. Non può essere offerta una camera a 1.300 euro: è una follia. Non vuol dire però tutto gratis per tutti: credo sia giusto che le famiglie agiate contribuiscano, pagando retta e residenza”.