Marco Corini morì dopo una dose di Midazolam. Di nuovo a processo la sorella Marzia: chiesti 14 anni e due mesi

Milano, l’anestesista era stata prima condannata e poi assolta in appello. Ora si è aperto l’appello bis. L’uomo, avvocato dei vip, era malato terminale di cancro. Lei si è sempre difesa: volevo alleviare le sue sofferenze

Marzia Corini

Marzia Corini

Milano – Il 25 settembre del 2015 iniettò una dose letale di Midazolam al fratello malato terminale di cancro. Da allora è stata prima condannata, poi assolta e appello e ora di nuovo alla sbarra per l’appello bis. È la vicenda di Marzia Corini, medico anestesista, per la quale oggi la procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, ha chiesto una condanna a 14 anni e 2 mesi.

La morte di Marco Corini

Il fratello Marco Corini, avvocato di vip e calciatori, morì nella sua casa di Ameglia in provincia di La Spezia, dopo un’iniezione risultata letale del sedativo. Il processo d'appello bis è iniziato nel capoluogo lombardo dopo che la Cassazione lo scorso anno ha annullato con rinvio l'assoluzione per la donna che era stata decisa dalla Corte d'Appello di Genova nel maggio 2022. Corte che aveva ribaltato la condanna del primo grado.

Secondo la pg Nanni, la donna, 59 anni, avrebbe iniettato quel sedativo al fratello, che aveva ancora da vivere solo poche settimane, per un mix di moventi, quello "economico" legato all'eredità e quello "personale e familiare". La sua "confessione", ha ricordato la pg, è arrivata in una telefonata intercettata nella quale diceva il 21 gennaio 2016: "Gli ho fatto un regalo, ho interrotto la sua vita in un momento in cui non era consapevole di avere la morte vicino".

La richiesta dell’accusa

La pg ha chiesto, comunque, in linea con la condanna di primo grado, il "minimo della pena", sostenendo che non si possono riconoscere i "motivi socialmente utili" per il suo comportamento, ma le attenuanti generiche per quel "rapporto personale e familiare" e prevalenti sulle aggravanti. L'imputata ha sempre sostenuto che non voleva uccidere il fratello, ma alleviare le sue sofferenze. Col verdetto della Cassazione, invece, era stata assolta definitivamente la collega di studio di Corini, Giuliana Feliciani, che in primo grado era stata condannata a 4 anni per falso e circonvenzione di incapace. 

La malattia del fratello 

Marco Valerio Corini, che fu anche avvocato di Gigi Buffon, era morto il 25 settembre 2015, lo stesso giorno in cui aveva programmato un incontro nella sua casa di Ameglia col notaio, per precisare le sue volontà nel testamento. Marzia Corini ha sempre sostenuto che iniettò quel sedativo per alleviare le sofferenze a fronte della morte imminente del fratello e nel rispetto dei protocolli sanitari. Per la pg Nanni l'ultimo oncologo che ha visitato l'uomo aveva parlato di "tre-quattro settimane di vita ancora". Poi, "l'unico medico al capezzale era stata la sorella, che lo ha avuto sotto controllo costante". Nanni è tornata più volte su quella telefonata intercettata pochi mesi dopo, che la Corte d'Appello di Genova ha considerato non una confessione ma solo uno "sfogo". Nessun elemento, ha spiegato la pg, "ci dice che quel giorno c'è stato un episodio acuto, come un attacco cardiaco". Nanni ha ricordato "il dato della quota ereditaria della sorella, di un milione di euro più la metà di un box". Dunque, come movente c'erano "certamente le mire economiche, però c'era anche altro, ossia la storia di una donna a lungo allontanata dalla famiglia, che poi riprende contatti con il fratello quando sta male e alla fine agisce in quel modo". Così dopo quel gesto, ha detto Nanni, lei "si è sentita di nuovo pienamente accettata in quella famiglia dalla quale era stata esclusa". La sentenza della Corte milanese (giudici togati Ivana Caputo e Franca Anelli) arriverà nel primo pomeriggio.

La difesa

"I numerosi elementi tecnici ci dicono che fu una morte per cause naturali e che lei seguì esattamente il protocollo delle cure palliative". È un passaggio dell'arringa del difensore Vittorio Manes, che nel processo d'appello bis ha chiesto l'assoluzione "perché il fatto non sussiste". 

Quella "iniezione", ha spiegato il legale che assiste la 59enne con l'avvocato Giacomo Frazzitta, "venne eseguita la mattina e la morte avvenne la sera e tutti i testi dicono che Corini è morto dopo 30, 40 minuti di respiro affannoso, ossia il cosiddetto 'gasping'". Non contano, ha aggiunto la difesa, le parole intercettate della donna, che per la pg Francesca Nanni furono una confessione. "Non contano i suoi deliri, i suoi rimorsi, contano le prove", ha detto il legale. E "non si può nemmeno dire che quella iniezione ha determinato colposamente la morte. Lui era affidato alle cure palliative e lei ha seguito esattamente il protocollo". Fu il fratello, ha ricordato il legale, a chiedere "alla sorella di non farlo soffrire con quelle cure". Per la difesa, la donna va assolta da tutte le accuse, compreso il presunto falso nel testamento del fratello. Solo in "estremo subordine" i difensori hanno chiesto che la Corte disponga nel caso una

perizia.

"Dobbiamo guardarla tutta la storia clinica di quest'uomo, a partire dal 2013 - ha spiegato nell'ultimo intervento l'altro legale, l'avvocato Giacomo Frazzitta - i medici avevano detto 'portatelo a casa, non durerà'". Per la difesa, i giudici di Milano devono "mettere fine all'ingiustizia" nei confronti di Marzia Corini, "un capolavoro di ingiustizia". L'anestesista imputata, presente oggi in aula, era anche accusata di falso nel testamento del fratello, ma questo reato nel frattempo si è prescritto. 

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