Andrea Gandini, lo scultore che trasforma gli alberi abbattuti dalla tempesta in opere d’arte: “Svelo la loro anima”

Milano, l’artista romano autore dei volti apparsi sui tronchi ai Bastioni di Porta Venezia e al Parco Sempione: “Con scalpello e sgorbie rendo omaggio a questi giganti sconfitti”

Andrea Gandini all'opera sul tronco del parco Sempione. A destra, l'incontro dell'artista con Giovanni Storti

Andrea Gandini all'opera sul tronco del parco Sempione. A destra, l'incontro dell'artista con Giovanni Storti

Milano – La tempesta del luglio scorso ha lasciato sul campo un esercito di reduci, mutilati e malinconici: gli alberi spezzati dalla furia del vento dei quali sono rimasti solo tronchi tagliati. Due di questi ex giganti - ai Bastioni di Porta Venezia e al Parco Sempione - hanno da qualche tempo una nuova vita: sotto la loro corteccia sono infatti spuntati due volti. Da fantasmi sono diventati opere d’arte. Firmate da Andrea Gandini, 26 anni, artista romano del legno che, tra una scultura su commissione e l’altra, gira per le città alla ricerca di alberi feriti da “resuscitare“ con scalpello e sgorbie.

Il volto scolpito da Andrea Gandini tra i binari del tram ai Bastioni di Porta Venezia
Il volto scolpito da Andrea Gandini tra i binari del tram ai Bastioni di Porta Venezia

Come trova i tronchi su cui eseguire le opere?

“Normalmente lavoro su commissione. Ma per quanto riguarda i tronchi in città utilizzo le segnalazioni che mi arrivano soprattutto da Instagram. Dopo la tempesta dell’anno scorso il telefono è esploso di segnalazioni e fotografie che arrivavano da Milano”.

L'opera di Andrea Gandini al parco Sempione di Milano
L'opera di Andrea Gandini al parco Sempione di Milano

E com’è andata qui a Milano?

“A parte in Porta Venezia, dove ho rischiato di essere investito dai tram, benissimo. È sempre un piacere vedere quanto la gente partecipi e sia coinvolta dal mio lavoro. In tanti si fermano a guardare, a chiedere informazioni. Al parco Sempione si è fermato anche Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Mi ha fatto i complimenti e ha anche lavorato un po’ il tronco. La mia attenzione è soprattutto per i bambini. Cerco sempre di farli partecipare, farli provare a lavorare anche loro sul legno. Mi piace l’idea di tramandare in qualche modo questo lavoro: gli artigiani che utilizzano scalpello e sgorbie ormai stanno scomparendo”.

Due opere di Andrea Gandini nelle strade di Roma: in via Grimaldi e in via Cola di Rienzo
Due opere di Andrea Gandini nelle strade di Roma: in via Grimaldi e in via Cola di Rienzo

Come le arriva l’ispirazione?

"In realtà è lo stesso tronco che mi suggerisce la forma che comparirà. Seguo molto l’andamento naturale del legno. A volte mi capita di osservare un tronco e vederci già il volto che nasconde”. 

Un po’ come succedeva a Michelangelo. Lui sosteneva che la scultura era già dentro la pietra, che bisognava solo svelarla…

"Beh, sì, con le dovute proporzioni naturalmente. Con il legno poi c’è da dire che è molto più semplice. Vedere e svelare quello che sta dentro un blocco di marmo, che è piatto e liscio, è più complesso. I tronchi hanno già delle forme, delle andature naturali. Io mi limito ad assecondarle”.

L'opera di Andrea Gandini in via Marmorata, nel quartiere Testaccio di Roma
L'opera di Andrea Gandini in via Marmorata, nel quartiere Testaccio di Roma

Quello che è sbucato in Porta Venezia sembra un volto africano...

“In quel caso mi sono fatto ispirare anche dall’energia particolare del luogo. Un posto che è il confine del quartiere arcobaleno, pieno di locali notturni, e il ritrovo di moltissimi migranti. L’opera che è nata da quel tronco tagliato non è stata una cosa studiata a tavolino, mi è uscita così. Chissà, si vede che l’albero si è fatto condizionare dallo spirito della zona”.

Cosa vogliono comunicare le sue sculture negli alberi?

“Io non sopporto le troppe astrazioni e i finti ragionamenti dell’arte contemporanea. Sono per un’arte, soprattutto quella pubblica, semplice e diretta, che susciti emozioni e riflessioni condivise. Con le mie opere innanzitutto voglio riportare l’attenzione sul verde urbano. Sul poco spazio che ha e su come è trascurato. Dare una nuova vita a questi tronchi è poi un modo per far riflettere sul rapporto tra uomo e natura, fatto spesso di sopraffazione. Infine, per me è anche un tributo a questi giganti in qualche modo sconfitti: un omaggio a “individui”, perché per me gli alberi sono individui, che hanno attraversato i secoli, che sono testimoni della storia”.

Milano è ancora piena di tronchi superstiti della tempesta di luglio, la rivedremo ancora all’opera in città?

“Sì, molto presto. Mi arrivano moltissime segnalazioni da Milano. E poi, se c’è un posto che ha bisogno di tornare a riflettere sul rapporto con la natura, è proprio Milano”.

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