
Il reparto di Neonatologia di un ospedale
Mantova, 25 giugno 2025 – Non fare indossare la mascherina alla mamma, non conservare campioni di sangue o Dna del neonato, nessun vaccino e nessun tampone senza consenso esplicito dei genitori: in caso di violazione scatterà un'azione legale per danni che potranno arrivare fino a centomila euro. Sono di questo tenore le "diffide culla", come lei stessa le ha chiamate, che un’avvocata di Mantova ha inviato a numerosi ospedali italiani per conto di coppie in attesa di un bimbo. La civilista, Camilla Signorini, ora è stata denunciata a Torino e in altre sei Procure per decisione della Società italiana di neonatologia.
I reati contestati
Con la querela si chiede ai magistrati di valutare se emergono i reati di esercizio abusivo di una professione, truffa, pubblicazione di notizie false e tendenziose, procurato allarme. Una di queste "diffide culla", come si è appreso in ambienti giudiziari subalpini, è giunta all'ospedale Sant'Anna del capoluogo piemontese per conto di una coppia di italiani residenti in città. Il lungo elenco di "divieti" impartiti dall'avvocata, secondo i denuncianti, sottintende delle "inesattezze" e delle "criticità" che, oltre a presentare in maniera alterata la realtà degli ospedali, sono in contrasto con gli obblighi dei medici.

I rischi per i neonati
Le denunce contro l'avvocata sono state presentate anche alle Procure di Milano, Brescia, Mantova, Lodi, Rimini e Roma. La Società italiana di neonatologia, che si è mossa di concerto con la Società italiana di pediatria, si è affidata all'avvocato Riccardo Salomone, del foro di Torino. Nelle querele si analizzano tutti i punti contenuti nelle "diffide", elencando i potenziali problemi per il neonato nel caso in cui i medici, nel timore di una richiesta di risarcimento danni, si attenessero al rispetto delle imposizioni.
Vitamina K
Tra i divieti figurano quello della terapia monoclonale contro il Vrs (virus respiratorio sinciziale) nonostante – sottolineano i denuncianti – il 60% dei bimbi si infetti entro il primo anno di età, o quello di non procedere alla somministrazione della vitamina K senza il consenso dei genitori: qui i ricorrenti fanno presente che esistono "rischi rilevanti" di contrarre una grave malattia emorragica, e ricordano che in caso di rifiuto totale una legge del 2017 prevede l'intervento di un giudice tutelare.