
I promotori dell’iniziativa durante la loro visita alla casa circondariale lodigiana
Lodi, 31 ottobre 2019 - «Chi è in carcere non perde i diritti civili: aprendo lo sportello del Garante dei detenuti anche nella casa circondariale di Lodi, potremo aiutare le persone private della libertà ad ottenere cure sanitarie, svolgere pratiche amministrative e fiscali, ottenere i contributi spettanti. Le forze, però, sono poche: mi appello alla sindaca perché, tramite bando, istituisca il garante comunale dei detenuti». Lo ha detto ieri Carlo Lio, difensore civico regionale e, come tale, anche garante dei circa 8600 detenuti attuali nei 17 istituti di pena lombardi, sovraffollati con una media del +30%: dopo aver istituito lo sportello nelle maggiori carceri, tra cui le 3 del Pavese, ieri ha inaugurato il servizio nella casa circondariale di via Cagnola, che mancava ancora all’appello insieme a Bergamo, Varese (che saranno attivati nelle prossime settimane), Cremona, Mantova e Sondrio.
«Saremo a Lodi una volta al mese: testeremo un ufficio entro Natale - ha spiegato Lio -. I detenuti possono fare richiesta di incontro e potranno avere un colloquio non sorvegliato né audito. Ma il nostro ufficio è composto solo da 3 persone. Ho scritto alla sindaca perché emetta velocemente un bando di avviso pubblico per istitutire il garante comunale, che in genere è un componente del mondo dell’associazionismo che riceve un rimborso spese o un gettone. Ci aiuterebbe a stare vicino alle persone più fragili, quelle che non hanno un grande avvocato alle spalle».
Il progetto , partito l’anno scorso dal carcere di Opera e che vede la collaborazione di Luigi Pagano, già Provveditore delle carceri lombarde, presente ieri a Lodi, ha fatto emergere molti bisogni: «Le terapie mediche, in carcere, non sempre sono velocissime - spiega Loi -. Ma c’è anche chi chiede, oltre al trasferimento vicino ai familiari o in carceri più ambiti, come Bollate, dove si lavora, anche solo come rinnovare la patente per quando ottiene di effettuare lavori esterni, oppure contributi previdenziali o di disoccupazione maturati, o ancora un aiuto amministrativo per pagare cartelle esattoriali in scadenza».
«Non abbiamo molti spazi, noi stessi operatori condividiamo gli ambienti, ma comunque siamo entusiasti e attrezzeremo una sala per gli incontri col garante - ha rimarcato Caterina Zurlo, che dirige l’istituto lodigiano da febbraio -. Qui, nel carcere di Lodi, che spicca per umanità, favorita dagli ambiti ristretti, abbiamo ad oggi 79 detenuti su una capienza massima di 90: più della metà sono tossicodipendenti, metà stranieri e quasi la metà condannati definitivamente anche se qui dovrebbero starci solo persone in attesa di giudizio. Gli agenti sono 42 su 45 previsti: ci ha aiutato molto l’arrivo di 7 agenti ad agosto. Una decina di detenuti sta seguendo un corso per imbianchino: vorrei, come già nel carcere di Piacenza,da cui provengo, colorare alcuni spazi, anche col supporto di artisti esterni».
Dopo l’evasione “per amore”, nel maggio 2018, di un giovane che era riuscito, nell’ora d’aria, a scavalcare il muro di cinta e sparire per un paio di giorni, Zurlo assicura che «le misure di sicurezza sono state rafforzate, i procedimenti sono ancora in corso». «A Lodi si sta anche predisponendo un protocollo tra le istituzioni per favorire l’inclusione sociale delle persone con problemi di giustizia - ha aggiunto Grazia Grena di Los Carcere, una delle associazioni che aiutano detenuti e famiglie dentro e fuori dall’istituto -. Noi seguiamo un centinaio di persone tra carcere, arresti domiciliari, pene alternative: i problemi maggiori riguardano chi esce ed è solo rispetto a chi ha seguito un percorso graduale di fuoriuscita con misure alternative. Col protocollo, ciò che oggi viene portato avanti con dei singoli progetti, diverrebbe un servizio».