
La protesta di Fabrizio e Pietro Bianchini davanti al tribunale di Lodi. Nel riquadro, Silvia Bianchini
Lodi – Cerca ancora giustizia Fabrizio Bianchini, quindici anni dopo la tragica scomparsa della figlia Silvia, che sognava di volare e perse la vita il 5 aprile 2010, proprio durante il suo primo volo su un ultraleggero partito da Cornegliano Laudense e caduto nell’Adda dopo aver colpito i tralicci di media tensione. Nell’incidente morì anche Giacomo Andena, pilota 62enne, colpito da quanto emerso nelle indagini da un colpo di sonno.
Ieri Fabrizio, affiancato dal fratello Pietro, ha nuovamente voluto manifestare di fronte al Tribunale di Lodi. “Per vedere le facce e le domande di giudici ad avvocati che passano”, spiegano. Il silenzio e la pacatezza caratterizzano la protesta dei due fratelli Bianchini. Tanti gli sguardi e numerose le persone che si sono fermate a leggere le frasi sui cartelloni indossati dai due manifestanti. “Solo due avvocati però si sono fermati per capire i motivi della protesta – sottolinea Fabrizio Bianchini -. Sicuramente la interromperemo qua: non abbiamo riscontri pratici dalla giustizia e dai giudici. Questo è un po’ il termometro di quello che si vive nel palazzo alle nostre spalle (il Tribunale, ndr) -, poco interesse per i danni potenzialmente subiti da chiunque, molto interesse per il proprio lavoro e i propri guadagni”.
Frasi forti e amare, che emergono tremolanti dalla rabbia e dalla sete di giustizia di un padre che “ha perso l’unica figlia che aveva” e che non trova risposte al disinteresse manifestato “da chi lavora in questo palazzo. Mancano coesione, partecipazione ed empatia da parte degli stessi cittadini, che purtroppo non capiscono che oggi siamo noi, ma domani potrebbero essere loro le vittime della malagiustizia”. I Bianchini però credono ancora nella giustizia, “non più come viene applicata dall’uomo, ma crediamo nella giustizia divina”.
“I nostri cartelli, su cui c’è scritto che “taluni giudici sono colpevoli“ – aggiunge Pietro – dovrebbero smuovere la coscienza di coloro che stanno entrando in Tribunale. Ma invece vediamo che queste parole scivolano addosso. Un sintomo di cattivissima salute della giustizia. Ci piacerebbe andare a spiegare cos’è successo a mia nipote (sua figlia) a chi è di questo mondo. Anche per rendere giustizia a lei e onorare un padre che durante l’udienza si è sentito rispondere da un giudice: “Cosa vuole guadagnarci da questo fatto? Del resto sua figlia ce l’ha messa lei sul velivolo””. E abbassa lo sguardo.