San Rocco al Porto, quindici anni fa il crollo del ponte sul Po. Il ricordo del sopravvissuto

Il 30 aprile 2009, attorno mezzogiorno e mezzo, una campata dell’enorme struttura sul fiume collassò, inghiottendo veicoli e uomini

Il ponte crollato; nel tondo, Antonio Rinaldi in ospedale

Il ponte crollato; nel tondo, Antonio Rinaldi in ospedale

San Rocco al Porto, 30 aprile 2024 – “Ricordo quegli attimi in cui si aprì una voragine sotto la mia auto e piombai di sotto, ma quegli attimi, quei secondi durarono un’eternità".

Antonio Rinaldi, 64 anni, torna indietro con la memoria a quindici anni fa, esattamente al 30 aprile del 2009, quando, attorno a mezzogiorno e mezza, una campata del ponte sul fiume Po, che collega le sponde lodigiana e piacentina, collassò inghiottendo veicoli e uomini.

Il ricordo

Il ferito più grave fu proprio il piacentino Rinaldi, che all’epoca era macchinista di Trenitalia. "Ero passato di lì solo trenta minuti prima. Poi la seconda volta si consumò la tragedia: l’unica cosa che ho eliminato dalla memoria è il momento dell’impatto. Ricordo invece le urla dell’altro ragazzo che era immerso in un metro d’acqua: ebbi l’istinto di uscire per andare ad aiutarlo perché mi sentivo bene".

Ed invece fu portato in ospedale dove stette 35 giorni: riportò fratture a due vertebre cervicali e due dorsali, lesioni allo sterno, 40 punti di sutura in testa oltre a due denti che saltarono via. "Alla fine, per quello che mi è successo, posso ritenermi fortunato. Sono ancora qui a raccontare quei momenti drammatici. La mia salvezza fu l’istintivo spostamento repentino dal posto del conducente a quello del passeggero: riuscì ad infilarmi nella zona cava tra il seggiolino e il parabrezza e così mi salvai. Tenga conto che, dall’urto violentissimo della macchina, il tettuccio si abbassò così tanto che all’interno dell’abitacolo rimase uno spazio di non più di 25 centimetri".

L’eredità

Oggi, a quindici anni esatti, l’incubo non è ancora passato. "Come sto? Sto. Quello che mi è successo ovviamente non sarà mai possibile dimenticarlo, mi ha cambiato letteralmente la vita. Oggi devo convivere con i dolori. Così mi è stato detto apertamente dai medici. Mattina e sera prendo antidolorifici che però leniscono il dolore, ma non me lo fanno passare totalmente. Ho provato di tutto anche l’agopuntura. Soprattutto il mal di testa ormai è diventato cronico e quando mi viene forte sono costretto a stare a letto".

Poi c’è la “partita“ dei risarcimenti, ormai chiusa con un indennizzo che però è risultato insufficiente. "Alla fine, i soldi che ho preso non hanno nemmeno compensato quanto ho perso dopo che ho dovuto rinunciare al posto da macchinista per finire dietro ad una scrivania: alla fine con il demansionamento conseguente ho perso 10mila euro lordi all’anno, molti di più se si calcola, per i compiti che svolgevo, la rivalutazione di cui avrei goduto in busta paga. Oggi sono in pensione e comincio un po’ a pensare a me stesso: la settimana prossima mi sistemerò i denti visto che in questi anni non l’ho mai fatto perché dovevo pensare ai figli, che all’epoca erano minorenni, e alla mia famiglia dovendo centellinare le risorse. Ora loro sono grandi ed indipendenti".