Allerta per la peste suina nel Lodigiano, minacciati gli allevamenti: "Abbattimenti intensificati"

Estesa a una ventina di comuni del territorio la zona di restrizione di primo livello. Le carcasse dei cinghiali eliminati non possono essere portate lontano

Massimiliano Castellone comandante della polizia provinciale "I tempi di latenza della malattia sono incerti" dice

Massimiliano Castellone comandante della polizia provinciale "I tempi di latenza della malattia sono incerti" dice

Lodi – Peste suina sempre più “aggressiva“ nelle province che confinano con il Lodigiano: la zona di restrizione di livello uno, preventiva, è stata estesa e ora comprende una ventina di comuni. Nel Piacentino, Pavese e oggi anche Milanese, la Psa continua a mietere vittime tra gli animali da allevamento. Sono quindi ormai una ventina i comuni in provincia di Lodi, più il confinante San Colombano al Lambro, in provincia di Milano, interessati dall’abbattimento, a scopo preventivo, dei cinghiali, in quanto potenziali portatori della peste suina. Nei giorni scorsi la zona di tutela dalla peste suina africana è stata estesa a nuovi paesi.

Il provvedimento , modifica al regolamento che stabilisce misure speciali di controllo delle malattie per peste suina africana, è stato pubblicato il 16 aprile 2024 sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed è diventato operativo giovedì 17 aprile 2024. Ora include quindi: San Colombano al Lambro, Valera Fratta, Borgo San Giovanni, Lodi Vecchio, Pieve Fissiraga, Casaletto Lodigiano, Borghetto Lodigiano, Castiraga Vidardo, Sant’Angelo Lodigiano, villanova del Sillaro, Graffignana, Marudo, Salerano sul Lambro, Caselle Lurani, Orio Litta, Senna Lodigiana, San Rocco al Porto, Somaglia, Ospedaletto Lodigiano, Guardamiglio. I primi provvedimenti erano stati presi a febbraio per via di contagi riscontrati nel confinante Piacentino, nel territorio di Agazzano, ma solo nella Bassa Lodigiana. Adesso preoccupa la zona tra Pavese e Milanese oltre il Ticino.

"Qui da noi, normalmente, il cinghiale non è cacciabile, perché non è nel suo habitat – spiega il comandante della polizia provinciale Massimiliano Castellone –. Ora si è intensificato l’abbattimento per cautela e ne si prevede il concentramento delle carcasse in strutture dedicate. Anche il cacciatore che lo ha abbattuto non può portarlo fuori dalla zona uno". Il motivo è importante. "I tempi di latenza di questa malattia sono incerti, ma la peste suina è virus forte che resiste, in una carcassa, oltre un anno e anche fuori dal corpo dell’animale morto. Ha un potenziale di diffusione altissimo. Anche se non tutti i cinghiali si ammalano e non ne muoiono, molti ne sono portatori e gli animali domestici, davanti a questa malattia, non hanno difese" aggiunge Castellone.