REDAZIONE LODI

Grazia Grena: "Io, ex terrorista rossa e ora volontaria nel carcere di Lodi"

"Non ho mai avuto in mano una pistola, ma moralmente sono colpevole" di LAURA DE BENEDETTI

Grazia Grena, 66 anni

Lodi, 7 aprile 2016 - Da Prima Linea alla giustizia riparativa; dalla condanna per banda armata, all’impegno per i carcerati. E’ la storia di Grazia Grena, 66 anni, bergamasca, trasferitasi a 19 anni a Milano come infermiera al Policlinico, quindi passata, come lei stessa racconta, "attraverso tutto il movimento antagonista e violento di autonomia operaia, fino all’entrata, nel 1980, in clandestinità", cui hanno fatto seguito l’arresto, nel 1982, la condanna a 8 anni per banda armata, e la detenzione per 4, seguita da semilibertà, libertà condizionata e dal lavoro decennale per il consorzio Aaster di ricerca su sviluppo e coesione sociale. Dal 2003 vive a Lodi, è nell’associazione Los carcere che venerdì scorso ha promosso, al liceo Verri, la presentazione, con la figlia di Aldo Moro, Agnese, e l’ex Br Adriana Faranda, del ‘Libro dell’Incontro’, frutto di un percorso di giustizia riparativa tra vittime e carnefici della Lotta armata iniziato nel 2007, cui lei stessa ha partecipato dal 2010.

"Non ho mai avuto in mano una pistola, ma moralmente sono colpevole, anche se ognuno ha le sue proporzioni – afferma Grena –. Scontata la pena mi sono presa del tempo, ho avuto un figlio, non volevo sentirmi ancora colpevole. Nel 1990 iniziai però a fare volontariato a San Vittore; nel 2006, con Los carcere, avviammo uno sportello interno (poi chiuso e riattivato nel 2015) e esterno al penitenziario di Lodi, per aiutare carcerati, ex, e le loro famiglie. Non avevo però ancora affrontato il cuore del problema: in termini politici mi ero dissociata, capendo che il gesto estremo è sbagliato, e non avevo voglia di subire un quarto grado di giudizio incontrando le vittime della lotta armata. Eppure è stato solo il percorso di giustizia riparativa che mi ha permesso di dare un senso alla mia vita, tenendo insieme il prima e il dopo: ho capito che non è l’errore in sè a fare la differenza, ma quanto riesci ad imparare da esso".

«L’ergastolo della parola – aggiunge – non ti permette di portare in superficie riflessioni profondissime. La violenza, oggi di estrema attualità, ti porta sempre a ridurre le persone ad oggetto: non uccidi se vedi la vittima come essere umano ma se anche tu, esecutore, resti persona. Il problema della sicurezza sociale, dunque, non lo risolvi militarmente ma con un percorso di umanità". Con la coop Microcosmi Grena ha curato il progetto Lodi città aperta di integrazione giovanile. Con Los Carcere, invece, aiuta un centinaio di persone l’anno, metà delle quali ha alle spalle una famiglia: "Ciò che facciamo è poco quantificabile ma va a rafforzare la sicurezza dei cittadini: oggi aiutiamo sempre più giovani under 30 (35-40%) che si danno a scippi, rapine, spaccio, truffe: se riusciamo a seguirli mentre sono ai domiciliari evitiamo che vadano in carcere ad apprendere, nell’ozio forzato, la scienza del crimine. Da gennaio abbiamo seguito 45 persone, di cui otto ventenni e otto trentenni, 9 nuclei familiari tra cui una donna con 4 figli datasi al furto per sopravvivere. Diamo un supporto legale, di rete con servizi sociali e per il reinserimento lavorativo, e stiamo lavorando sulla novità della ‘messa in prova’ nel volontariato, con sospensione del giudizio, per i reati veniali. Purtroppo però, da luglio, il nostro sportello esterno (quello interno vive coi soli volontari, ndr) rischia la chiusura per mancanza di finanziamento".