Frecciarossa deragliato, l’operaio che montò l’attuatore si difende: “Non so se ho montato io i cavi”

Nuova udienza in tribunale a Lodi sull’incidente del febbraio 2020 che provocò la morte di due persone. Sentiti anche il collaudatore del pezzo incriminato e l’ex amministratore delegato di Rfi

Il treno deragliato a Livraga

Il treno deragliato a Livraga

Lodi – "La fase di realizzazione dell’attuatore da collocare sullo scambio ferroviario è lunga, è fitta di passaggi e dura circa tre ore e mezza. Non so quindi se sono stato io, nella fase finale, ad agganciare i cavi invertendoli poi per sbaglio".

L’udienza

Ieri, venerdì 14 aprile, la terza tranche di interrogatori davanti al gup del Tribunale di Lodi nell’ambito del processo per il deragliamento del treno ad alta velocità Frecciarossa Milano-Salerno, avvenuto a Livraga il 6 febbraio 2020, ha permesso di ascoltare la versione difensiva dell’operaio metalmeccanico 33enne della fiorentina Alstom che il 6 giugno 2018 assemblò l’attuatore, montato qualche ora prima del disastro nel deviatoio numero 5 del posto movimento di Livraga poco prima che il Frecciarossa transitasse alle 5.30 a circa 300 chilometri orari.

Ma non solo. Durante l’udienza fiume, iniziata alle 10 e terminata alle 15.30, sono stati sentiti anche il collaudatore e l’ex amministratore delegato di Rfi. L’operaio 33enne si è dunque difeso riconoscendo di aver firmato la scheda di assemblaggio dell’attuatore ma sostenendo che i cavi potrebbero essere stati montati sulla morsettiera da altri addetti tenuto conto, appunto, della lunghezza dell’intervento di realizzazione.

Gioco in difesa

Si è difeso anche il collaudatore che aveva testato il pezzo, ribadendo di aver eseguito l’operazione a regola d’arte, collaudando e certificando il manufatto anche se è emerso che sul banco di prova l’addetto ha dovuto utilizzare una torcia e chinarsi per verificare in maniera ottimale il componente e il cablaggio.

L’ex amministratore delegato di Rfi, ora in pensione, ha invece sottolineato come la catena di responsabilità e competenze fosse ben delineata e delegata a vari funzionari. L’attuatore, dunque, dopo la realizzazione fu fornito a Rfi ma il difetto dell’inversione dei cavi numero 16 e 18 portò al deragliamento che causò la morte dei due macchinisti – Giuseppe Cicciù, 51 anni, di Cologno Monzese e Mario Dicuonzo, 59 anni, di Pioltello – e il ferimento di dieci passeggeri. Infatti, una volta installato, l’attuatore dava un’indicazione di controllo elettrico di posizionamento di instradamento “normale“ (sia che fosse veramente normale o disposto per la deviata) cosicché il sistema di segnalamento autorizzò il Frecciarossa a passare. Il deviatoio però era instradato verso il binario morto.