Frecciarossa deragliato, i dipendenti di Rfi imputati: “Siamo innocenti”

In tribunale si sono difesi i tecnici per i quali il pm chiede 10 anni: "Non c’era un protocollo procedurale per affrontare il guasto all’attuatore".

Frecciarossa deragliato  Gli imputati: noi innocenti

Frecciarossa deragliato Gli imputati: noi innocenti

Si sono difesi, ieri mattina in tribunale a Lodi, i due operai e il responsabile dell’unità manutentiva, tutti dipendenti di Rfi (Rete ferroviaria italiana) imputati in uno dei due “filoni” del processo per il deragliamento del treno Frecciarossa 9595 Milano-Salerno, avvenuto il 6 febbraio del 2020 lungo la linea ad alta velocità, all’altezza del posto movimento di Livraga che portò alla morte dei due macchinisti, Giuseppe Cicciù, 51 anni di Cologno Monzese e Mario Dicuonzo, 59 anni, di Pioltello, e al ferimento di dieci persone tra viaggiatori e personale a bordo: per i tre era stato concesso il rito abbreviato e, in un’udienza precedente, il pubblico ministero presso il Tribunale di Lodi aveva chiesto tre anni, tre anni e sei mesi e tre anni e quattro mesi di carcere.

Attesa per la sentenza

Ieri mattina si è tenuto un altro passaggio dell’iter giudiziario che dovrebbe concludersi con il pronunciamento del giudice previsto per il prossimo mese di luglio. E i tre addetti hanno sostanzialmente ribadito che il problema creatosi sul deviatoio numero 5 non aveva un protocollo procedurale codificato per poterlo fronteggiare. I due operai di 34 e 41 anni erano quelli che avevano sostituito alcuni attuatori alcune ore prima del disastro, tenendo presente che il “pezzo” era uscito dalla ditta Alstom, nonostante fosse stato collaudato e certificato, con un difetto di fabbrica (due cavi erano stati agganciati alla morsettiera in modo invertito, il filo 16 all’uscita 18 e viceversa), mentre il formatore di 46 anni era quello che li aveva istruiti negli anni precedenti.

Le accuse della Procura

Per la Procura, i due tecnici manutentori, invece, sono chiamati a rispondere di una serie di omissioni di messa in sicurezza mentre per il formatore l’accusa è quella di non aver dato ai due operai le giuste informazioni in merito a situazioni anormali che potevano derivare dall’installazione di attuatori difettosi. Il 14 aprile prossimo invece proseguiranno gli interrogatori per la seconda tranche del processo che vede alla sbarra dirigenti di Alstom e Rfi nonchè di coloro che fabbricarono l’attuatore della discordia.