Stefano Barilli decapitato nel Po, indagini sui troppi misteri della morte

Intanto l'inchiesta potrebbe passare da Lodi a Piacenza. La Procura emiliana è stata la prima a indagare sulla sparizione del giovane

Stefano Barilli, ripreso dalla videocamera di un bar-tabacchi

Stefano Barilli, ripreso dalla videocamera di un bar-tabacchi

Lodi, 22 aprile 2021 - Le indagini sulla morte di Stefano Barilli potrebbero passare dalla Procura di Lodi (provincia dove è stato ritrovato il cadavere del 23enne nel Po) a quella di Piacenza (la prima ad indagare subito dopo la scomparsa di casa del giovane piacentino). Per il momento resta solo una supposizione, ma una decisione dovrà essere presa nelle prossime ore. Intanto, l'attività della Procura di Lodi, che martedì sera ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio, prosegue su tutti i fronti. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire le ultime ore del 23enne di Piacenza che ha fatto perdere le proprie tracce dall'8 febbraio scorso fino a riaffiorare senza vita dalle acque del Po il 17 aprile, decapitato e irriconoscibile dopo i tanti giorni trascorsi in acqua. Secondo la testimonianza di un pescatore lodigiano, quello che poi è stato scoperto essere il cadavere del giovane, e che nella zona si credeva fosse qualcosa di plastica, sarebbe stato in quella posizione nel fiume da oltre una settimana. Se non ci sono dubbi sul suicidio del giovane (dall'autopsia effettuata dal medico legale di Pavia che ha fatto emergere l'assenza di tagli da lama sul collo del cadavere di Stefano trovato decapitato), restano tanti gli interrogativi sugli ultimi giorni di vita di Barilli e che necessitano ancora chiarimenti. In particolare l’attenzione parrebbe concentrarsi sul viaggio in Svizzera, terminato due giorni prima della scomparsa, avvenuta l’8 febbraio, e sulla scelta di portare via con sè la scheda sim del cellulare (ma non il telefono), i documenti, un cambio di vestiti puliti e un dizionario di tedesco (per fare cosa se voleva uccidersi?). Per questo bisognerà capire: il 23enne quel giorno è uscito di casa con l'intenzione di uccidersi? Di farlo nelle acque del Po? E poi: aveva un appuntamento con qualcuno nei giorni dopo la sua scomparsa? Dopo la segnalazione per la scoperta di un cadavere nel fiume, sul posto sono immediatamente giunti i vigili del fuoco, i carabinieri di Codogno e Sara Zinone, il sostituto procuratore. Nonostante la madre del ragazzo, Natascia avesse dichiarato di: “Non avere certezza sull’identità” della salma anche a causa del macabro particolare dell’assenza della testa, la presenza di un biglietto in cui annunciava la volontà di compiere il gesto estremo e la carta d’identità chiusi con cura all’interno di un’apposita busta di plastica e una cicatrice sul corpo del 23enne hanno fugato qualsiasi dubbio. Ed è stato proprio la presenza del biglietto a fornire agli inquirenti la possibilità di effettuare una prima ricostruzione precisa dell’accaduto. Sul pezzo di carta c’era infatti scritto: “So che non capirete il mio gesto“. Messaggio che lascia molti dubbi sulle motivazioni che hanno spinto il giovane ragazzo al suicidio. Per questo gli ultimi giorni di vita di Barilli necessitano ancora chiarimenti.