Stefano Barilli morto nel Po: un fascicolo in Procura

La procura lodigiana ha aperto un fascicolo modello 44 a carico di ignoti per una ipotesi di reato

I vigili del fuoco sulle sponde del Po

I vigili del fuoco sulle sponde del Po

Lodi, 21 aprile - Sono stati interminabili minuti di dolore quelli che scorrevano lentamente nel dipartimento di medicina legale di Pavia. Fra le lacrime, cercando dentro di sé ogni forza, la madre ha riconosciuto suo figlio: il corpo recuperato sabato nelle acque del Po, nel territorio di Caselle Landi, è quello di Stefano Barilli, il giovane di 23 anni scomparso l’8 febbraio dalla sua abitazione di Piacenza. Natascia Sbriscia lo ha riconosciuto dalla corporatura e da una cicatrice su un ginocchio, oltre che da alcuni capi di abbigliamento. Per avere la certezza genetica il Dna estratto dal cadavere verrà comparato con quello della madre. L’autopsia, disposta dal pm di Lodi, Sara Zinone, è stata eseguita da Marco Ballardini, il medico legale che si occupò degli accertamenti autoptici di Chiara Poggi per l’omicidio di Garlasco. L’ipotesi del suicidio, prevalente dall’inizio, è l’unica in campo e viene confermata, anche se, per quanto si è saputo, la procura lodigiana ha aperto un fascicolo modello 44 a carico di ignoti per una ipotesi di reato che ancora non è dato conoscere (istigazione al suicidio?).

«Come indicato – ha detto il procuratore Domenico Chiaro – dai primi accertamenti degli inquirenti la testa mancherebbe per cause compatibili con esiti da trascinamento, da parte della corrente, della salma nel fiume. È stata riscontrata, soprattutto, l’assenza di segni di lesività, di segni di violenza". La famiglia Barilli, con l’avvocato Ilaria Sottotetti, ha nominato come consulente di parte Nunzio Di Nunno, professore aggregato di medicina legale all’università del Salento. Anche perché la mamma di Stefano, che in queste ore ha scelto la strada del silenzio, rimane incrollabile in una convinzione: era suo figlio il giovane ripreso dalla telecamere di un chiosco di benzina in Strada Val di Nure, in uscita da Piacenza. Erano le cinque e un quarto del pomeriggio del 9 febbraio, il giorno dopo la sparizione di Stefano. Se fosse così, se non fosse l’autoconvincimento di una donna straziata, ci sarebbe da porsi alcune domande. Dove va Stefano dopo essersi alllontanato da casa? Vede o parla con qualcuno? Accade qualcosa prima che decida di farla finita nel Grande Fiume?