Carlo Tagliabue, il “giusto”: "Una figura esemplare"

Una mostra ricorda il proprietario terriero che salvò decine di donne ebree. Guidò la Pia Casa di Abbiategrasso: con lui i ricoverati gestivano fondi agricoli.

Tagliabue, il “giusto“  "Una figura esemplare"

Tagliabue, il “giusto“ "Una figura esemplare"

In questi giorni Morimondo celebra con una mostra un suo concittadino, Carlo Tagliabue, proprietario terriero, già podestà e direttore della Pia Casa di Abbiategrasso. "Pur essendo un comune con un numero esiguo di abitanti, Morimondo annovera figure di spicco che vi sono nate e vissute" osserva il sindaco Marco Marelli. Tagliabue, vissuto tra il 1888 e il 1961, è uno di questi. "Con la mostra – aggiunge Marelli – vogliamo evitare il rischio che se ne perda la memoria e di conseguenza il riconoscimento che gli è dovuto da tutta la nostra comunità".

Figlio di una famiglia di agricoltori che abitavano alla cascina Fiorentina, Carlo Tagliabue si prodigò a sviluppare le pratiche agricole, dedicandosi alle nuove tecniche di coltivazione.

Nel 1935 fu nominato podestà e con la sua amministrazione venne creata la fognatura a Caselle e la rete di illuminazione pubblica nel capoluogo. Ai primi del Novecento Tagliabue diffuse nell’Abbiatense importanti innovazioni nella coltivazione del riso, in particolare la tecnica del trapianto, che sperimentò inizialmente nei fondi di famiglia, alla cascina Fiorentina. Le piantine erano prima messe in un vivaio e poi, quando sarebbero state in grado di resistere alle erbe infestanti, venivano trapiantate sui campi già coltivati a fieno. Inoltre nelle risaie era attuata la piscicoltura con l’immissione di carpe che, cibandosi delle larve, limitavano il proliferare delle zanzare e della malaria. Raccolto il riso, il pesce veniva recuperato e destinato all’alimentazione umana.

Ma il meglio di sé Tagliabue l’ha certamente dato negli anni in cui è stato direttore della Pia Casa di Abbiategrasso. Era stato assunto come ragioniere nel 1909 e ne divenne direttore nel 1923 (carica mantenuta sino al 1946). "La sua direzione – spiega il curatore della mostra, Andrea Gerli – è stata caratterizzata dall’impegno nel creare occasioni di lavoro per i ricoverati, ovviamente quelli abili al lavoro". Tagliabue difatti sosteneva che "se una persona non si sente utile si lascia morire".

Con i ricoverati diede vita a una singolare esperienza di gestione diretta di alcuni fondi agricoli adiacenti all’istituto, dando vita a un circolo virtuoso grazie al quale i ricoverati avrebbero partecipato alla produzione dei generi alimentari (dal latte alla frutta, dalle carni alle verdure) necessari al mantenimento della Pia Casa. Inoltre nei laboratori interni all’istituto si lavorava la seta prodotta dalla colonia agricola. Con questa sono stati anche realizzati dei paramenti sacri, che venivano utilizzati dai sacerdoti nel corso delle funzioni religiose. Nel periodo della persecuzione derivante dalle leggi razziali salvò diverse decine di donne ebree nascondendole nell’istituto.