IVAN ALBARELLI
Cronaca

"Cinque anni di carcere? Una giusta condanna"

Un anno e mezzo fa il dirigente della Stie Vezio Guidobono fu picchiato e ridotto in fin di vita da un suo dipendente. La richiesta di condanna formulata dal pm, al processo di primo grado, lo soddisfa

Il quartier generale della Stie a San Vittore Olona

Legnano (Milano), 27 aprile 2019 «Una richiesta congrua». Per Vezio Guidobono, il dirigente della Stie selvaggiamente picchiato da un dipendente con una raffica di calci e pugni sulla testa – la mattina del 4 settembre 2017 negli uffici di San Vittore – la pena di 5 anni e 4 mesi di detenzione domandata dal pubblico ministero al termine della requisitoria, il 24 aprile, è proporzionata. «Ho subito dei danni cerebrali gravissimi – racconta –. Dovrò convivere per il resto della mia vita con vertigini e capogiri che mi tormentano a ogni ora, tranne quando dormo. Quando cammino devo guardare a terra per non cadere. La mia vita è stata stravolta. Non avrei mai pensato, un giorno, di veder finire in carcere un dipendente incontrato in ufficio per nove anni. Ma quella persona voleva uccidermi. Mi diceva “ti ammazzo!” mentre mi massacrava, e ci sarebbe riuscito se non fosse entrato in quel momento un collega per fermarlo. Ora è giusto che paghi».  «Quella persona» è Filippo M., 59 anni. L’accusa nei suoi confronti è pesante: il reato per cui è a processo è di tentato omicidio. Il Codice civile prevede condanne fino a 12 anni di carcere. Il ricorso al rito abbreviato gli ha tuttavia permesso di ottenere uno “sconto” di un terzo della pena. La carta giocata dalla difesa, e cioè la sua incapacità d’intendere e di volere durante il raptus, è stata comunque rigettata. Per il legale, il dipendente – assunto alla Stie come controllore e in forze alla biglietteria – sarebbe stato in qualche modo vessato da Guidobono. «In aula si è detto che io gli avevo tolto il saluto, cosa assolutamente non vera – ribatte il dirigente – e che gli avrei negato le ferie che aveva chiesto per accudire i genitori malati in Calabria. Dei genitori non sapevo nulla perché non me l’aveva mai detto. E le ferie a settembre, proprio quando riaprono le scuole, e il servizio biglietteria deve funzionare a pieno regime, no non gliele potevo proprio concedere». Quel che emerge, episodio dopo episodio sviscerato davanti ai giudici, è che gestire il 59enne, in azienda, è sempre più “impegnativo”. «Insisteva anche nel chiedere di poter andare in pensione pur non avendo maturato anzianità e requisiti», ricorda ancora Guidobono.  In aula viene a galla anche un episodio inquietante. Già nel 2005 Filippo M. si era reso protagonista di un’aggressione nei confronti di un collega. Il quale però (e non si è capito perché) aveva poi rinunciato a sporgere denuncia. Fatto di cui non è rimasta traccia nei cassetti della Stie. Ignoto, fino a ieri, anche allo stesso Guidobono. Il processo di primo grado è ora alle battute finali. La sentenza è attesa a fine estate. Per quanto concerne i rimborsi dovuti per le lesioni subite - a Guidobono è stato riconosciuto un danno biologico del 27 per cento - bisognerà aspettare l'avvio di un iter giudiziario autonomo. L'imputato ha già comunque corrisposto a Guidobono una provvisionale di diecimila euro.