REDAZIONE LEGNANO

"La cultura in città si è involuta a danni della pittura"

L’accusa dell’artista Santo Nania di Silvia Vignati

Centro d'arte Antonello da Messina nella foto Simone Nania (Studiosally)

Legnano, 5 ottobre 2014 - «L’Alberto, quando passa, bussa sempre alla porta per salutare. Siamo amici. Gli riconosco grande intelligenza». Santo Nania lo chiama Alberto, ma per tutti è il sindaco Centinaio. «Ma io sono triste, deluso: perché a Legnano non si fa cultura». Su un banchetto incrostato di colore, nell’associazione che lui ha creato e presiede, il maestro Nania sfoga la sua frustrazione.

In che senso non si fa cultura a Legnano?  «Non sopporto più la burocrazia, i luoghi dove si crede di fabbricare cultura, le scelte che ignorano chi lavora da anni in città e a servizio della città. La nostra associazione ha sempre lavorato per la collettività da 34 anni. Ininterrottamente. Con Enzo Pagani (fondatore del parco-museo di Castellanza, ndr) abbiamo organizzato mostre di livello internazionale nell’area Cantoni. Eravamo negli anni Ottanta e ancora c’erano i capannoni dismessi. Trenta anni fa facevamo nascere la Ualz, insieme allo straordinario assessore Peppino Colombo. Il suo campo erano i Servizi sociali, ma quanta attenzione e quanta passione riservava alla cultura. Come sapeva ascoltarci, e comprenderci. E dalla Ualz poi è nata l’Auser. E per le scuole elementari e medie di Legnano abbiamo organizzato corsi di pittura e concorsi per la lotta al fumo».  

Legnano compie 90 anni. Non possiamo negare che ci sia stata un’evoluzione delle proposte culturali. «Sbagliato. Legnano ha subìto un’involuzione».  

Il Castello visconteo era un rudere melanconico, ora è sede espositiva. «Non mi riconosco nei percorsi imposti, nei circoli ristretti».

Al Leone da Perego è in corso una mostra da non snobbare “De Rerum Natura”, l’ha vista?  «Non entrerò più nei luoghi “deputati” all’arte in città. Io lavoro per Legnano e per chi ama l’arte. La mia associazione ha 50 iscritti. La sera dipingiamo e discutiamo di mostre e di altro. Ci scambiamo proposte, suggestioni».  

Ferdinando Faraò ha diretto un concerto magnifico, questa estate nel cortile di palazzo Malinverni.  «Non discuto. Io però contesto le scelte che hanno discriminato l’arte pittorica. E non voglio targhe di riconoscimento. La soddisfazione vera mi deriva dalla Fondazione Sant’Erasmo, che ha accettato la donazione dei nostri lavori. Oppure dal sindaco, che è venuto a premiare la mostra “Il Parco e i mulini”, a giugno”.  

Se governasse l’assessorato alla Cultura, come si comporterebbe?  «L’assessorato dovrebbe dare spazio alle esigenze di cultura in toto della cittadinanza. Dovrebbe fare un sondaggio delle realtà culturali attive da anni. E valorizzare il volontariato culturale».  

Insomma, un compleanno da non festeggiare.

«Per me la cultura in città è terminata con Peppino Colombo, e lo dico col magone».