VALENTINA RIGANO
Cronaca

Morto a Garbatola, ucciso su richiesta da compagna e amante

Il corpo di Maurizio Capizzi fu trovato il 31 dicembre 2016 a Nerviano: Elena Re e Flavio Sermasi sono ora accusati di “omicidio del consenziente“

Omicidio di Garbatola

Nerviano (Milano), 22 gennaio 2020 - Il corpo riverso a terra in una pozza di sangue, i vari tentativi di suicidio alle spalle dovuti al tracollo finanziario e a una lunga malattia avevano fatto pensare che Maurizio Capizzi, il 48enne di Legnano trovato cadavere in strada il 31 dicembre 2016 a Nerviano, si fosse suicidato. Il proiettile estratto dal suo torace durante l’autopsia evidenziò invece che ad ucciderlo fu un colpo di pistola. Le indagini dei carabinieri di Legnano e della Procura di Milano hanno stabilito che a freddarlo furono la compagna dell’uomo e l’amante di lei e, soprattutto, che lo stesso Capizzi chiese, dopo aver tentato il suicidio, di essere ucciso. Per questo il pm Bianca Maria Baj Macario, dopo la chiusura dell’inchiesta anche del pm Antonio Cristillo, ha chiesto il processo per Elena Re e per Flavio Sermasi, che nel gennaio 2017 era stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario, oggi trasformata in “omicidio del consenziente”. È emerso che la vittima, imprenditore edile di origine siciliana e provato da una lunga malattia, aveva lasciato un biglietto dove spiegava la sua volonta’ di essere ucciso.

Quella mattina, mentre andava a trovare la moglie al camposanto, fu un pensionato a scoprire il corpo senza vita di Capizzi proprio fuori dall’ingresso del cimitero, a pochi passi dalla sua auto. La sua compagna, avvisata dai carabinieri, aveva subito riferito ai militari dei numerosi tentativi del quarantottenne di porre fine alla sua vita e gli investigatori avevano ipotizzato si fosse ucciso assumendo un cocktail letale di farmaci. Solo durante il lavaggio del cadavere, due giorni dopo, prima che la salma fosse restituita ai familiari per il funerale, era risultato visibile un foro sul suo torace, compatibile con un proiettile.

Da quel momento le indagini dei carabinieri, allora coordinati dai Pm di Milano Alberto Nobili e Roberta Colangelo, hanno cambiato direzione, iniziando a scavare nei rapporti personali dell’uomo, ricostruendo, tra le altre cose, una presunta relazione tra i due indagati, a quel punto iscritti dalla procura di Milano nel fascicolo aperto per omicidio volontario in concorso. Nella tarda serata della settimana successiva il ritrovamento del cadavere, quando i militari andarono a notificare alla compagna della vittima ed al suo amante gli avvisi di garanzia, le loro abitazioni furono perquisite come da prassi. A casa di Flavio Sermani i carabinieri trovarono 305 grammi di cocaina, che fecero scattare immediatamente le manette ai suoi polsi. A casa di Elena Re fu sequestrata una pistola di piccolo calibro, sulla quale verranno poi eseguiti gli accertamenti per determinare se si trattasse della stessa arma usata per ferire a morte Capizzi, cosa che però non si realizzò. La presunta arma del delitto non è mai stata ritrovata. L’ogiva rinvenuta nel polmone sinistro della vittima durante l’autopsia, presso l’istituto Gorini di Milano, fu sequestrata dagli inquirenti come elemento probatorio.

Gravemente malato, provato dalle continue difficoltà professionali, il quarantottenne non sarebbe probabilmente sopravvissuto ancora a lungo e pare che prima di chiedere di morire avesse già iniziato a ragionare su come disporre delle sue proprietà. Poi un biglietto, scritto proprio dalla vittima, ha dato la svolta finale alle indagini. "Voglio morire, sono stanco", le sue ultime volontà corredate dalla richiesta di farla finita in fretta. Re e Sermani sono tutt’ora a piede libero, lui dopo essere stato riarrestato per stalking nei confronti proprio della stessa donna con cui avrebbe commesso il delitto.