
Matteo Della Bordella e la guida alpina Marco Majori
ll Ragno di Lecco Matteo Della Bordella e la guida alpina Marco Majori hanno compiuto con successo la prima salita invernale della via Casarotto, sul Pilastro Goretta del Fitz Roy (3405 m), realizzando un’impresa senza precedenti.
La spedizione, supportata dal Club Alpino Italiano, è partita a inizio agosto con Tommaso Lamantia, aveva come obiettivo la scalata invernale della via aperta nel gennaio del 1979 da Renato Casarotto, una delle linee più visionarie e difficili nella storia dell’alpinismo patagonico.

Casarotto
Casarotto, vicentino, classe 1948, è stato tra i più forti alpinisti della sua generazione, autore di difficili ascensioni solitarie e invernali sulle Alpi e sulle montagne extraeuropee. Tra le sue imprese ricordiamo il Diedro Cozzolino del Mangart, il trittico del Freney e la est delle Grandes Jorasses tutte in inverno, il McKinley per la “Ridge of no return”, lo spigolo nord del Broad Peak e la “Magic Line” al K2, dove perse la vita nel 1986.

Patagonia
Sul finire del 1978 Casarotto arrivò per la prima volta in Patagonia con una spedizione di Morbegno. Dopo un tentativo abbandonato dai compagni, decise di proseguire da solo, assistito solo dalla moglie Goretta Traverso al campo base.
Giorno dopo giorno attrezzò e salì il grande pilastro nord del Fitz Roy. Dopo un primo tentativo non riuscito alla vetta, tornò all’attacco e il 19 gennaio 1979 raggiunse la cima principale del Fitz Roy, firmando la prima solitaria assoluta sulla montagna e l’unica via mai aperta in solitaria sull’intero massiccio.

La dedica
In seguito volle dedicare l’impresa alla moglie, e da allora la sua linea è conosciuta come Pilastro Goretta. Con oltre 1500 metri di sviluppo, difficoltà fino al VII grado e passaggi in artificiale (A1–A2), rimane una delle vie più impegnative e di rara ripetizione in Patagonia.

Il racconto
Matteo Della Bordella
"Già nei primi giorni, con Tommy, avevamo fatto un bellissimo tentativo, e solo quello sarebbe valso la spedizione", commenta Della Bordella. "Trovarsi in parete in inverno, tra il freddo e la solitudine, è stato incredibile: ci si sente minuscoli di fronte a queste montagne immense. Poi sono arrivate le difficoltà, la finestra di bel tempo che non si apriva, le incertezze. Ma in Patagonia bisogna tenere duro fino all’ultimo, e alla fine la determinazione ha pagato. È stata una salita bellissima, come in estate, ma con giornate più corte e temperature molto più dure: di notte il termometro scendeva a –15/–20 °C, mentre nelle ore centrali al sole arrivavamo a +5. Partire al mattino presto non era facile. La via resta la stessa – 35 tiri e 1300 metri di parete – ma d’inverno hai la metà del tempo per scalare. Una sfida incredibile, resa ancora più significativa dal fatto di ripercorrere le orme di un alpinista come Casarotto e di averlo fatto per primi in inverno, nello stile che lui amava".
Marco Majori
“È una salita che sognavo di fare fin da ragazzino. Mio papà era stato qui con Casarotto e aveva scattato una foto, poi stampata in bianco e nero che avevamo appesa in casa: si vedeva Casarotto, piccolissimo e solo, su quella parete immensa” racconta Marco Majori.
“Crescere con un’immagine così ti fa inevitabilmente sognare. E quel sogno, alla fine, si è avverato. Con lo stile che Matteo mi ha proposto, in inverno, con probabilità ridottissime. Non ero nemmeno al massimo della forma, arrivavo dall’incidente al K2 dello scorso anno con la spalla ancora dolorante, ma questa salita è stata una vera terapia d’urto, mi ha rilanciato esattamente da dove avevo lasciato. Ringrazio tantissimo Matteo: siamo stati una cordata con un’intesa splendida".