Abbiamo mille modi pacifici per dissentire nella democrazia in cui abbiamo la fortuna di vivere. Oltre alle tradizionali proteste organizzate: cortei, blocco del traffico, sit-in, lenzuola ai balconi (indimenticabili quelli bianchi contro la mafia), e più di recente flash mob e condivisione di contenuti sui social, ci sono le estemporanee trovate dei giovani di Ultima Generazione, che si incollano letteralmente sull'asfalto per non farsi portare via dalle forze dell'ordine.
C'era anche bisogno di sfregiare le opere d'arte per protestare... in questo caso contro la guerra in Palestina? Senza contare che i blitz, come quello con vernice rosa sull'Arco della Pace o il precedente del 9 marzo con vernice gialla sul monumento equestre a Vittorio Emanuele II in piazza Duomo (costo dell'intervento di pulizia: 30mila euro) rendono inviso il movimento, come dimostrano le proteste di ieri contro gli attivissimi attivisti: "Nullafacenti, andate a lavorare", “Vergognatevi" e ancora “Pago io per pulire”.
E allora, almeno per coerenza, se proprio non si conosce il significato ultimo e il valore dell'arte come simbolo di pace e unione oltre le culture e le generazioni, varrebbe la pena spiegare a questi giovani che lo sfregio dell'arte è uno sfregio a se stessi, alle generazioni che verranno e, in ultima analisi, è paragonabile quasi a un "atto di guerra". La stessa contro cui si battono. Almeno per coerenza, quindi, lascino in pace l'arte e vadano a incollarsi davanti ai libri. Sono loro i cervelli che dovranno traghettare il nostro mondo fuori dalle secche del cambiamento climatico e delle guerre.
agata.finocchiaro@ilgiorno.net