
I Pinguini Tattici Nucleari allo stadio di San Siro
Milano – Marziani Tattici Nucleari. Gli alieni dello showbiz, la band di un altro pianeta rispetto alle pretese e alle isterie del pop da hit-parade nostrano, sono atterrati ieri sotto la luna del Meazza per aggiungere altre due notti sold-out (oggi la replica) agli show tenuti tra gli stessi spalti nel 2023. Una sfida alla popolarità consolidata dalla band bergamasca nell’ultimo quinquennio vinta (o quasi) con 420mila biglietti venduti per i nove spettacoli di questo Hello World Tour Stadi 2025, tra cui quelli di Ancona e Firenze in agenda il 21 e il 25 giugno. E passi l’ambizione extra-large di debuttare in una cornice da centomila posti come quella Rcf Arena di Reggio Emilia, riempita sabato scorso per poco più della metà.
Gli eroi di ‘Pastello bianco’, infatti, hanno sempre lasciato intendere di giocare un altro campionato rispetto a quello di tanti pretesi idoli delle masse, mantenendo quel profilo di provincia che li spinge a definire il loro rapporto un "poliamore". Per questo spiazza un po’ sentire Elio Biffi rispondere all’innocua domanda se si sentano un po’ i Coldplay italiani che loro sono i Pinguini Tattici Nucleari, un po’ stufi di sentirsi avvicinare a questo o a quello.
“Noi siamo noi, abbiamo la nostra storia e la nostra musica e quello che portiamo sul palco racconta chi siamo in maniera approfondita, senza paragoni con altri perché noi siamo noi", lamenta. "Ci dicevano siete i nuovi Elio e le Storie Tese, i nuovi ‘Lo Stato Sociale’. Ci piacerebbe, a questo punto della nostra carriera, che si cominciasse a parlare dei Pinguini Tattici Nucleari come una storia a sé, senza paragoni che sono sempre stati fatti". Calma. "Siamo sei ragazzi di provincia che suonano le loro canzoni e abbiamo introdotto alcuni momenti che vanno oltre la musica".
L’esplosione di coriandoli che accompagna l’avvio della stessa Hello World ("350 chili di carta, praticamente un orso bruno di pixel colorati" scherza il frontman Riccardo Zanotti), il tatuaggio in diretta durante Hold on, il bancone del bar di Amaro, la voce del mandala e il volo nel vuoto dello stesso cantante durante Alieni, la fisarmonica di Biffi che fluttua nel vuoto durante Piccola volpe e su su fino alle linee di fuoco che s’impadroniscono del palco nel gran finale di Titoli di coda rappresentano i momenti di una corsa all’ultima hit che spazia da Giovani wannabe a Rubami la notte dalla sanremese Ringo Starr a Bottiglie vuote (stasera a cantarla con loro ci sarà pure Max Pezzali, a cui è probabile che rendano poi la cortesia il 12 luglio all’Autodromo di Imola), la bandiera della Palestina che sventola durante la canzone ‘Bergamo’, senza rinunciare a giocare con l’intelligenza artificiale in momenti come ‘Verdura’ in cui tutto viene convertito sugli schermi in vegetale.
"L’IA è uno strumento che va esplorato, magari sfidato, non temuto" dicono, sottolineando che in un tempo più o meno lontano i suoni e le voci perfette del pop odierno perderanno la loro partita con la macchina che le creerà più vere del vero rivalutando l’umanità dello sbaglio "e la musica tornerà a sporcarsi le mani, come in un punk 2.0".
Nel sottofinale un lungo applauso accoglie l’intervento in video di Chiara Tramontano, che definisce la sorella Giulia, trucidata nel maggio del 2023, "una promessa non mantenuta". "A volte la vita sembra una promessa non mantenuta. Non perché manchi qualcosa, ma perché tutto quello che c’era non ha avuto tempo di compiersi. Sono Chiara Tramontano. Giulia, mia sorella, era una promessa. E con lei lo era il piccolo Thiago. Un amore che stava diventando casa, voce, battito. Giulia non è una di quelle persone che chiedono spazio, ma sanno riempirlo con la forza di chi resta autentico. Giulia rideva con gli occhi, sapeva leggere il silenzio. E no, non è diventata un simbolo. È rimasta una persona. Questa canzone non è un ricordo. È piuttosto un passaggio. È un varco verso un mondo che forse non abbiamo avuto, ma che possiamo ancora immaginare. Un mondo migliore". "Mettere il video nello spettacolo è stato un moto di cuore" dice Zanotti. "E allo abbiamo messo alla fine, nel momento forse più importante dello spettacolo".
L’articolo di Riccardo Zanotti per Il Giorno
A San Siro si sono tenuti poco meno di 200 concerti dal 1980 a oggi. Capite bene che poter dire di averci suonato non è solo una grande soddisfazione, ma anche una responsabilità. Per quanto mi riguarda, è anche un cerchio che si chiude. Da bambino, guardando con occhi sognanti la VHS del concerto dei Queen a Wembley, decisi che avrei voluto “lavorare nella musica”.
Certo, non mi ci rivedevo molto nei panni di Freddie, perché non ho mai pensato di essere tagliato per il ruolo di frontman. Mi sarebbe anche solo piaciuto cambiare le corde della chitarra di Brian May, o lavorare al mixer, forse fare le riprese… insomma, sentivo il bisogno di partecipare in qualche modo. Di lì a breve, avrei deciso di formare la mia prima band, i Jamaica, in onore a Bob Marley (che, tra l’altro, fu il primo straniero a riempire San Siro nella storia, nel 1980).

Quando, nel 2023, salii su quel palco per la prima volta, inizialmente mi sembrò di svenire. Mi aiutò pensare che non ero da solo, che c’era una squadra con me là dietro: tecnici, maestranze e amici. San Siro ti fa capire che un frontman da solo non vale niente, anche se fosse Freddie. Ci vuole lavoro di squadra, come nel calcio, così nella musica.
Un’altra cosa che ti salva sempre, quando pensi di svenire, è il pubblico. Lo so, suona come una banalità trita e ritrita, ma è sacrosanto sostenere che anche il pubblico faccia parte della famiglia. La gente decide di andare a un concerto in parte per ascoltare chi sta sul palco, ma anche per vedere sé stessa far parte, a sua volta, di qualcosa di grande.
I sentimenti si amplificano e le nostalgie si acuiscono: non saprei come descriverlo, ma quello stadio è come una moderna arca di Noè che ci salva ogni volta dal nostro personale diluvio universale.
Inutile dire che suonarci dentro è un’esperienza quasi bergsoniana, perché a San Siro il tempo scorre più veloce, ma la vita sembra andare all’incontrario. Tutti i ricordi riaffiorano: dalla prima chitarrina portata da Santa Lucia ai lunedì marinati al liceo. Ogni cosa sembra improvvisamente avere un senso, perché ti ha portato lì.
Non so se il tempio della musica milanese, a me, abbia insegnato qualcosa, perché la magia non insegna, stupisce. Di fronte a un prestigiatore ti chiedi solo: “Ma come avrà fatto?”. San Siro continua a essere magico, senza un perché. Una volta sceso dal palco, l’adrenalina si dissipa e la magia si attenua. Puoi solo sperare di tornarci al più presto. Quest’estate lo farò, per ben due volte, con i Pinguini e tutta la squadra. Spero di non svenire, e per il resto non so che dire. It’s a kind of magic…
La scaletta delle canzoni
Hello World
Giovani Wannabe
Ringo Starr
Romantico ma muori
Hold On Ricordi
La storia infinita
Amaro
Bottiglie vuote
Alieni
Bergamo
Scrivile scemo
Antartide
Coca zero
Lake Washington Boulevard
Piccola volpe
Islanda
Medley
Dentista Croazia
Verdura
La banalità del mare
Giulia
Ridere
Migliore
Rubami la notte
Pastello bianco
Titoli di coda