ELVIO GIUDICI
Cultura e Spettacoli

Orfeo ed Euridice di Gluck. Magia pura di musica e teatro

Il festival Monteverdi, fiore all’occhiello del teatro Ponchielli di Cremona sotto l’illuminata guida di Andrea Cigni che l’ha portato a...

Il festival Monteverdi, fiore all’occhiello del teatro Ponchielli di Cremona sotto l’illuminata guida di Andrea Cigni che l’ha portato a essere appuntamento imperdibile dell’estate musicale europea, dopo essersi aperto con uno sfolgorante Vespro della Beata Vergine diretto dal glorioso Jordi Savall col suo non meno glorioso complesso La Capella Reyal de Catalunya, entra nel vivo con Orfeo ed Euridice di Gluck in forma semiscenica al Ponchielli: ed è subito magia. Magia pura di musica e teatro, fusi come dovrebbe sempre essere ma come raramente, oh quanto, accade.

Per il secondo anno consecutivo Cremona è l’unica tappa italiana di Cecilia Bartoli. Lasciamo perdere la penosa polemica del perché la nostra artista di gran lunga più celebrata nel mondo siano anni che i direttori artistici la evitano, timorosi dei petulanti, patetici gallinacci che la contestano: e godiamo nel ritrovarla somma artista qual è sempre stata. Da tempo Cecilia ha trovato un alter ego artistico nel milanese Gianluca Capuano che da otto anni guida il favoloso complesso Les Musiciens du Prince (creato dalla stessa Bartoli, il Prince è quello di Monaco): e ancora una volta, un lavoro di cui si riteneva di sapere tutto loro te lo rivoltano come un calzino, fornendo un doppia lezione di musicologia e di teatro musicale. Quella, ti fa verificare quanto Gluck si rifaccia a filo doppio al “recitar cantando” monteverdiano, ovvero sublime musica della parola. Questo, perché la forma semiscenica è stata teatro puro, anzi un’eventuale scena ho idea avrebbe persin nuociuto. I Musiciens in piedi a suonare divinamente, profili ritmici scolpiti al rasoio, agogiche turbinose, dinamiche in pulsioni continue: e un’opera che conoscevi come classicamente, canovianamente composta, ti diventa due ore di vertiginoso thriller, con Cecilia a muoversi sul palco e nel corridoio di platea celebrando un miracolo di canto che si fa strazio del cuore, teatro di lancinante poesia. Geniale l’idea di concludere non con la tradizionale (e un po’ posticcia, ce lo siamo sempre detto sottovoce) seconda resurrezione di Euridice ad opera di Amore bensì con la ripresa dell’iniziale lamento sulla sua morte, che si fa così definitiva mentre si fa buio, Orfeo scende in platea e scompare, noi tratteniamo il fiato ma scende la lacrima sul viso, sospesa in quei venti, magici secondi di silenzio prima del boato d’applausi: magica Cecilia, magica musica, magico teatro.

Elvio Giudici