
Douglas Dall’Asta fu abbandonato dai genitori brasiliani a 3 anni, adottato in Italia a 9 e rifiutato dalla nuova famiglia dopo appena quattro giorni
CREMONA – “Vorrei che nessun altro bambino si sentisse come me, un reso. Vorrei solo sapere perché, cosa potevo aver sbagliato a nove anni per essere buttato in mezzo alla strada”. Figlio di nessuno. Era così che si sentiva Douglas Dall’Asta, un ragazzo brasiliano di 28 anni adottato quando aveva nove anni da una coppia di Piadena, nel Cremonese, e ‘restituito’ dopo solo quattro giorni dal suo arrivo in Italia. Douglas aveva raccontato il suo calvario in un libro, scritto a quattro mani con l’autrice di questo articolo, e presentato lo scorso anno alla Camera dei deputati. Doveva essere la sua rivincita contro una società che lo aveva privato dell’amore e di un’identità. Quel vuoto creato dall’abbandono, però, ha continuato a logorarlo fino a che, domenica pomeriggio, non si è tolto la vita nel suo appartamento di Cremona. Prima di farlo, ha inviato un messaggio ad un’amica chiedendole di occuparsi di quella che reputava la sua unica famiglia: il suo cane, Jack, un rottweiler.
La sua storia, un pugno allo stomaco racchiuso in un libro, voleva essere una denuncia chiara contro un sistema, quello delle adozioni ma anche degli affidi che troppo spesso non pone al centro il minore e i suoi bisogni. Douglas era cresciuto con il peso dell’abbandono in Brasile, quando a tre anni era finito in orfanotrofio. A nove gli avevano presentato quelli che avrebbero dovuto essere i suoi genitori: erano andati fino in Brasile per adottarlo ma, una volta arrivato in Italia, dopo soli quattro giorni lo avevano abbandonato una seconda volta. “Avrei voluto e vorrei tuttora avere una possibilità, almeno una. Una volta salito sulla macchina degli assistenti sociali, ricordo che restai sdraiato sui sedili posteriori guardando fuori, nel buio. Sarà stato un viaggio di circa mezz’ora, ma a me sembrò infinito”, scriveva nel libro.
Da quel momento per Douglas era iniziata la spola tra le numerose comunità, fino al compimento dei 18 anni. “Raggiunta la maggiore età mi sono trovato in mezzo alla strada – raccontava – mi sono chiesto cosa avrei fatto per sopravvivere e iniziai a rubare, a fare uso di sostanze e finii in carcere a Modena, la mia salvezza”, ammise. Si, perché in carcere Douglas conobbe colui che ha lottato affinché il giovane ottenesse giustizia, l’avvocato Gianluca Barbiero.
“Un grandissimo dolore per un evento del tutto inatteso. Ero a conoscenza della sua sofferenza e del profondo malessere che si portava dentro. Tuttavia riusciva spesso a celarli con un sorriso. Non ci sono parole! Occorre riflettere, tutti, nessuno escluso, e domandarsi se sia stato fatto tutto il possibile per salvare questa giovane vita”, afferma oggi. Dopo una lunga battaglia in tribunale, infatti, Barbiero era riuscito a far si che Douglas ottenesse un risarcimento. Soldi che la famiglia mai aveva versato e che ancora – a causa della giustizia lumaca – Douglas non aveva ottenuto.
A seguire da subito la storia di Douglas la deputata cinque stelle Stefania Ascari. “Douglas ha portato dentro di sé il peso di un abbandono che nessun bambino dovrebbe mai subire. La sua morte è un colpo al cuore. Ma deve essere anche uno schiaffo alle coscienze. Ci interroghi tutti sulle adozioni fallite, sulla fragilità di chi viene lasciato ai margini: i traumi provocati possono essere fatali”, conclude Ascari, che ha portato avanti la battaglia insieme all’associazione MammeMatte. Ad intervenire è anche Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali a Napoli e primo uomo single in Italia ad adottare una bambina con sindrome di Down: “La sua storia non è un’eccezione. È il sintomo di un sistema che non funziona”.