PAOLA PIOPPI
Cronaca

Violenza sulle donne. Denunce in crescita. Ora tante si rivolgono alle forze dell’ordine

Como, l’incremento negli ultimi dieci anni: 74 solamente nel 2024

Como, l’incremento negli ultimi dieci anni: 74 solamente nel 2024

Como, l’incremento negli ultimi dieci anni: 74 solamente nel 2024

Dalle 42 del 2015, alle 74 del 2024: due cifre che segnano l’evoluzione delle denunce per violenze sessuali avvenute in provincia di Como, raccontando allo stesso tempo un andamento decennale di casistiche, che si è incrementato progressivamente. Il dato, in sé, corrisponde all’inserimento delle notizie di reato, e non tiene conto di una serie di aspetti importanti, tra cui l’evoluzione dell’indagine e l’effettivo radicamento del reato, così come l’esito processuale. Ma è comunque indicativo di una tendenza, in cui certamente rientra anche la maggiore propensione delle vittime a rivolgersi alle istituzioni. Già nel 2018 si era passati a 78 casi, scesi poi a 53 nel 2020 e 69 l’anno successivo.

Ma negli ultimi tre anni, dal 2022, è stato un crescendo: 88, 71 e infine 74. La legge del Codice Rosso del 2019, ha introdotto nuove misure a tutela delle vittime, e fortemente inasprito le pene per questo tipo di reati, arrivando – forse senza volerlo - a prevedere la competenza della Corte d’Assise per la violenza sessuale su minore di 10 anni.

È il caso che arriverà in aula mercoledì a Como, forse il primo in Italia dopo la pronuncia della Cassazione dello scorso giugno, che ne conferma la competenza alla luce di un semplice calcolo aritmetico: il massimo della pena, 12 anni, si raddoppia con l’aggravante, arrivando dunque ai 24 anni per i quali è prevista la presenza anche della giuria popolare. Per quanto riguarda la tutela delle vittime, il protocollo prevede passaggi molto rigidi.

La vittima deve essere obbligatoriamente sentita dal magistrato entro tre giorni dalla denuncia, e subito può chiedere di essere messa in sicurezza, soprattutto a fronte di reati che avvengono in contesti familiari. Si trova quindi una collocazione in una casa protetta, la cui condizione è l’immediata cessazione di ogni contatto sociale: dal posto di lavoro, all’uso del telefono cellulare. Ma molte donne, dopo alcuni giorni, rinunciano a questo tipo di tutela perché ritenuta troppo gravosa, e la protezione prosegue solo per eventuali figli minori, per i quali interviene il Tribunale dei Minorenni, che non tornano comunque nell’ambiente in cui sono avvenute le violenze.