Sono parato bene, attaccato a uno di settant’anni

L'ndrangheta a Erba: gerarchia, traffico di droga e protezione. Indagini svelano il ruolo di Lara Colantuono e Vincenzo Milazzo, con la supervisione di Luigi Vona.

Sono parato bene, attaccato a uno di settant’anni

Sono parato bene, attaccato a uno di settant’anni

"Funziona come gli sbirri, gli sbirri hanno i gradi: il carabiniere, il maresciallo, il comandante. Noi abbiamo una dote di copione, capito? Il capo locale chi è? Il maresciallo. Il capo società e i ramoscelli chi sono? La caserma deve essere vicino alla locale, se non c’è la caserma non fai la locale". Le regole su cui si basa la gerarchia dell’ndrangheta, già note e consolidate grazie a precedenti indagini che hanno coinvolto il territorio comasco già dal 2010 con Crimine-Infinito, non smettono di essere ribadite ancora oggi, dagli appartenenti e da chi si affianca. Come emerge chiaramente dalle intercettazioni dell’indagine della Squadra Mobile di Como, il cui inizio si lega a una data e un nome preciso: quello di Lara Colantuono, 33 anni di Erba, arrestata in flagranza di reato il 28 dicembre 2019, e ora tornata di nuovo in carcere in esecuzione della misura cautelare.

Da qui, grazie soprattutto a intercettazioni telefoniche in cui gli indagati parlavano in totale libertà, è stato possibile ricostruzione il primo contesto criminale, radicato nell’Erbese, per spostarsi poi nella Bassa Comasca, grazie ad acquirenti che si rivolgevano da entrambe le parti. "Ho in mano tutta la zona" dice Vincenzo Milazzo, trentottenne di Canzo, a marzo 2020, in pieno covid, che non gli impediva di guadagnare a piene mani. "Ho in mano tutte queste montagne qua, tutto Erba, Merone, Costa Masnaga… tutto quello che riguarda cocaina e fumo lo decido io".

E poi ancora: "Io sto lavorando di notte, gli andiamo noi a casa. Il fumo, prima non mi interessava, ora ho capito che lavori meglio con quello che con altro e non fai nemmeno tanto sbattimento". Milazzo rivendica anche una sua deontologia professionale: "Non sono uno di quelli che se mi devi dieci euro vengo fino a casa – dice – non faccio casino e non mando i tossici a rubare per portarmi i soldi. In questo ambiente, io ho messo un po’ di ordine, prima era un disastro".

Non nasconde nemmeno la protezione di cui gode da parte di Luigi Vona, 71 anni, capo della locale di Canzo: "Mi hanno mandato a chiamare, ma io sono parato bene… sono proprio attaccato a uno di settant’anni. Piuttosto diecimila euro in meno in tasca a me, però non mi sfiori", facendo riferimento all’acquisto di una sorta di protezione, che lo metteva al sicuro da possibili ritorsioni di gruppi criminali rivali che lavoravano sullo stesso territorio: in particolare, Michele e Pasquale Oppedisano, padre e figlio di Erba. I cui reciproci rapporti venivano gestiti da Vona.

Pa.Pi.