
"Una trama di relazioni fra estorsori ed estorti, in cui lo stereotipo vittima-oppressore viene ad assumere contorni sfumati, all’interno di un sodalizio criminale capace di penetrare pienamente nel tessuto economico locale". È la premessa alle motivazioni con le quali ad aprile scorso, i giudici del Tribunale Collegiale di Como – Valeria Costi, Elisabetta De Benedetto e Veronica Dal Pozzo estensore – hanno condannato gli 8 degli 11 imputati dell’indagine della Dda di Milano "Cavalli di razza", arrivati a processo dibattimentale. Un sistema emerso dalle testimonianze e dalle ricostruzioni delle indagini dei Pm Pasquale Addesso (foto) e Sara Ombra, che ha agito "dapprima avvicinando imprenditori e professionisti, con modalità a volte schiettamente estorsive, a volte truffaldine, per poi sfruttare la condizione di assoggettamento e omertà ingenerata, per farne veri e propri soci in affari". Così, proseguono i giudici "non deve stupire che il professionista o imprenditore, per liberarsi dalla morsa estorsiva, offra al sodalizio l’accesso alle proprie attività e al proprio know-how, tendendo così a perdere la classica connotazione di vittima e ad assumere il carattere di complice o colluso". Inoltre, aggiunge la sentenza, "non deve stupire che l’immagine dell’imprenditoria dipinta da questo processo, sia quella di una pluralità di uomini asserviti alle ragioni del lucro, al punta da essere disposti a scendere a patti con la criminalità organizzata, illudendosi di ricavarne personali vantaggi, magari anche temporaneamente raggiunti, con l’epilogo di trovarsi poi nella morsa delle violenze o intimidazioni".
A Como era arrivato lo stralcio della ben più imponente indagine partita con 54 imputati, chiamati a rispondere, in alcuni casi, di reati di frode fiscale e multiple bancarotte societarie, i cui proventi sarebbero stati utilizzati per finanziare l’associazione: cooperative utilizzate per evasioni fiscali milionarie, e per creare un indotto a favore della criminalità calabrese. Ma anche estorsioni a imprenditori e l’infiltrazione nel settore consegne della Spumador di Cadorago. La condanna più alta era arrivata per Daniele Ficarra, 46 anni di Gioia Tauro: 16 anni e 10 mesi. Poi 16 anni ad Antonio Carlino, 49 anni di Gioia Tauro e Alessandro Tagliente, 58 anni di Appiano, 14 anni e 10 mesi per Massimiliano Ficarra, commercialista di 54 anni di Lomazzo.
Paola Pioppi