La fine del comandante Mènici. Un libro svela la trappola nazista

L’inganno dei tedeschi ha impedito di rendere onore al comandante partigiano

La trappola nazista forse più riuscita nella storia. La racconta Alberto Panighetti, simbolicamente alla vigilia del 25 aprile, nel libro appena pubblicato, presentato ieri in Loggia, “La trappola nazista e la fine del comandante Raffaele Mènici“. "Una trappola riuscita – spiega l’autore – tanto che i suoi obiettivi persistono dopo ormai 80 anni perché l’inganno non è stato ancora percepito e, a tutt’oggi, ha impedito di onorare convenientemente una delle più autorevoli figure partigiane della Val Camonica, il colonnello alpino Mènici, protagonista delle due guerre".

La trappola consiste nell’uccisione del colonnello in circostanze tali da far credere ai Garibaldini che la responsabilità fosse delle Fiamme Verdi, rendendo impossibile l’unificazione del comando militare partigiano in Valle. L’uccisione infatti scatenò, fra le forze resistenziali, una polemica a tutt’oggi non sopita. Dei venti capitoli, quelli dispari narrano la storia dell’intera esperienza resistenziale, durata un solo anno, del comandante partigiano nominato capo supremo della Resistenza camuna. I capitoli pari raccontano il percorso personale con cui l’autore arriva a dedurre e svelare l’arcano della fine del colonnello Mènici, rimasto irrisolto.

"Un po’ un uovo di Colombo – sottolinea Panighetti – perché quella della trappola era l’ipotesi più credibile rispetto al contesto storico-culturale". La storia si conclude con lo scioglimento del mistero: i nazisti consegnarono alle Fiamme Verdi un comandante partigiano messosi in mani nemiche per liberare i familiari (catturati a Temù) e salvare un intero paese dalle rappresaglie tedesche, dopo che soli due giorni prima avevano cercato inutilmente di catturarlo con un poderoso rastrellamento. I tedeschi ottennero che fosse condannato a morte per tradimento. Tuttavia, in seguito alla grazia concessa dal Comando ribelle dopo la sua condanna alla pena capitale, intervennero direttamente per eliminarlo subdolamente durante il tentativo partigiano di ripararlo in Svizzera.

"In tempi di smemoratezza come quelli attuali – ha commentato l’assessore Marco Fenaroli – questa vicenda si svolge in un periodo storico che costringe continuamente a riflessioni".

Federica Pacella