ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Fiorella Mannoia, il rischio (superato) di toccare le canzoni amate, l’omaggio a Pino Daniele e l’imperativo: prendere posizione

Dopo la tappa a Bergamo, la cantante romana si esibirà a Breno il 7 agosto e a Mantova il 7 settembre

Fiorella Mannoia

Fiorella Mannoia

Breno (Brescia) – Ancora un’estate “sinfonica” per Fiorella Mannoia, che fa buon viso alla fortuna parlando dell’avventura con l’Orchestra Saverio Mercadante di Altamura, diretta dal maestro Rocco De Bernardis con cui, dopo la tappa di Bergamo, è in scena il 7 agosto a Breno, sotto le stelle del Valle Camonica Summer Music, e il 2 settembre a Mantova, nella aristocratica cornice dell’Esedra di Palazzo Te.

Fiorella cosa si metterà in valigia di questa esperienza?

“Il grande successo, a dire il vero un po’ inaspettato, della tournée. Con un repertorio interamente riarrangiato in chiave orchestrale, il risultato non era poi così scontato. Andare a toccare canzoni che la gente ama e canta da decenni è sempre un rischio. E invece il 6 settembre chiuderemo festeggiando a Cortona il centesimo concerto”.

Per lei una scommessa vinta.

“Beh, venendo da una tournée pianoforte e voce con Danilo Rea, ritrovarmi catapultata su un palco con oltre venti musicisti è stato un bel salto dimensionale. E ritrovarmi davanti ogni sera 1.200-2.500 persone è esaltante”.

Se quello di cantare con l’orchestra è un sogno realizzato, ne ha uno di riserva ancora chiuso nel cassetto?

“Con Carlo (Di Francesco, produttore e marito - ndr) stiamo lavorando con calma, molta calma, al prossimo album. Certo è che il 2026 sarà per noi un anno in studio di registrazione”.

Progetti?

“Ogni tanto mi sfiora d’incidere un ‘Onda tropicale 2’, anche se stavolta focalizzando il repertorio sulla canzone latino-americana e non brasiliana. Un paio di classici quali ‘Bésame mucho’ e ‘Quizás quizás quizás’ li faccio già in questo spettacolo. Mi piace la vena malinconica nascosta nell’allegria del son cubano e di tanta musica proveniente dall’altra parte dell’Atlantico”.

Perché?

“In quella musica c’è tutta l’allegria e la sofferenza di un continente che ha attraversato colonizzazioni, vessazioni, dittature. Sentimento che senti nell’aria e in cui m’affascina scivolare quando provo a farla mia”.

Il 25 settembre porta a Napoli una nuova edizione di “Una nessuna centomila”, la prima al Sud. Con quale formula?

“La stessa dell’anno scorso a Campovolo, ovvero con colleghe e colleghi. Questo perché ormai sono tanti gli uomini che hanno chiesto di poter abbracciare la causa, contribuendo al laboratorio artistico messo in piedi da noi ‘ragazze’ tre anni fa per aiutare le donne vittime di violenza e promuovere la parità di genere. Pure il pubblico è in continua crescita: quest’anno abbiamo esaurito Piazza del Plebiscito senza annunciare un solo nome del cast”.

La gente si fida di voi.

“Sì, sa che la nostra Fondazione è una cosa seria, con bilanci pubblici e rendiconti precisi. Tutti i soldi in cassa vanno ai centri antiviolenza che ne hanno più bisogno; quelli a cui magari a cui i bandi non vengono rinnovati perché i venti della politica sono cambiati. E poi ci sono le aree scoperte. Il primo sportello d’ascolto della Locride l’abbiamo aperto noi. Siamo gocce nel mare, ma in tre anni, tra donazioni, sms, concerti, abbiamo raccolto 3 milioni di euro. Tutto viene gestito dalla presidente Giulia Minoli, da Lella Palladino e Celeste Costantino che sono sul campo, perché io più che metterci la faccia e raccogliere soldi non posso fare”.

L’artista è il rischio che corre. Pure dicendo sempre e comunque ciò che pensa.

“Alcuni lo fanno, altri no, ma non sto qui a criminalizzare... resto dell’idea che oggi prendere posizione sia un atto di coraggio. Io non ce la faccio a stare zitta. L’apocalisse di Gaza, ad esempio, non può essere taciuta. Ecco perché ne parlo in scena tutte le sere, ma non sto certo a criticare chi non lo fa. Ognuno ha la sua coscienza”.

In Piazza del Plebiscito canterà il 18 settembre nel concertone per il decennale della scomparsa di Pino Daniele?

“Certo. Penso che, dieci anni dopo, fosse doveroso ricordarlo a casa sua. Sono cresciuta insieme a lui e alle sue canzoni. E ho avuto la fortuna pure di andarci in tour nel 2002, con Ron e De Gregori. Credo che nella musica italiana ci sia un prima e un dopo Pino Daniele. Non c’è artista che non lo ami: era il musicista per eccellenza. Uno che ha saputo unire la tradizione della sua terra con quella del blues entrando nella vita di tanti”.