FEDERICA PACELLA
Cronaca

Università allo specchio, competenze e lavoro pianeti ancora lontani: “Dobbiamo ridurre il gap”

Rapporto AlmaLaurea 2025 sulle condizioni dei laureati e sulle retribuzioni. Il neo resta il “mismatch“ tra studi e abilità richieste delle imprese. Il rettore di Brescia: siamo consapevoli del problema, vogliamo affrontarlo

Il rapporto AlmaLaurea 2025 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati presentato all’Università degli studi di Brescia nell’ambito del convegno “Laureati e lavoro nel prisma del mismatch“

Il rapporto AlmaLaurea 2025 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati presentato all’Università degli studi di Brescia nell’ambito del convegno “Laureati e lavoro nel prisma del mismatch“

Brescia – Origine sociale, genere, background famigliare: sono tanti i convitati di pietra al tavolo del “mismatch“, ovvero il disallineamento tra la formazione universitaria e il mercato del lavoro. Leggerlo solo con la lente dell’impresa o dell’università rischia di essere fuorviante, vista la molteplicità di variabili che, invece, sono implicate. Questo emerge dal rapporto AlmaLaurea 2025 sul profilo e condizione occupazionale dei laureati, presentato all’Università degli studi di Brescia nell’ambito del convegno “Laureati e lavoro nel prisma del mismatch“, organizzato con Ministero dell’Università e della Ricerca ed il patrocinio della Crui.

«Aver scelto di dedicare a questo tema il convegno che abitualmente accompagna la presentazione del rapporto AlmaLaurea – ha spiegato il rettore di UniBs, Francesco Castelli – è già il segnale che l’ateneo è ben consapevole del fenomeno e intende affrontarlo. In questo rientra ad esempio la nostra partecipazione a Domani Lavoro, che punta proprio a far incontrare laureati e imprese». Dai dati AlmaLaurea, tuttavia, emerge chiaramente che il problema non è solo il match fra domanda e offerta.

«Tra gli occupati a un anno dal conseguimento del titolo oltre il 30% non utilizza in misura elevata le competenze acquisite all’università e svolge un lavoro per cui il titolo di laurea non è formalmente richiesto – spiega la direttrice del Consorzio interuniversitario AlmaLaurea, Marina Timoteo –. A cinque anni dal conseguimento del titolo la consistenza del fenomeno di disallineamento diminuisce, ma continua a coinvolgere almeno un quarto degli occupati». Quando però si analizza il fenomeno alla luce dell’origine sociale dei laureati vediamo che i figli di genitori laureati sono meno soggetti a questo tipo di disallineamento, soprattutto quando conseguono il titolo nel medesimo ambito disciplinare dei genitori.

Andando ancora a ritroso, avere un genitore laureato o comunque una famiglia benestante che può agevolare, ad esempio, percorsi di studio all’estero, è un fattore che porta il giovane più facilmente a laurearsi (spesso nello stesso ambito del genitore) e a subire meno il “mismatch“. Anche il genere incide sul disallineamento: le donne svolgono in misura relativamente maggiore lavori per cui è richiesto formalmente il titolo di laurea ma nei quali non si fa un utilizzo elevato delle competenze acquisite durante gli studi. Non da ultimo, c’è il fattore reddito: rispetto ai livelli retributivi i laureati sono, in generale, sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito.

«Quando parliamo di disallineamento – sottolinea Timoteo – dobbiamo considerare quindi una pluralità di fattori». Ma quanto ‘occupano’ le università lombarde? La media in Lombardia è di 82,5% di laureati triennali che trova lavoro a un anno dalla laurea; UniBs, che ha da poco tagliato il traguardo dei 17.020 iscritti, è al 90,9% (era l’88,8% nel 2024). Per le lauree di secondo livello si sale all’82,6% di media regionale, 88% per UniBs.